E la Moratti scrive a l'Unità: "quanto è bella la mia classe"
E la Moratti scrive a l'Unità: "quanto è bella la mia classe" 17 mar 2004 di seguito, la lunga lettera inviata dal Ministro Moratti a l'Unità e la risposta del giornale: Caro Direttore, h...
E la Moratti scrive a l'Unità: "quanto è bella la mia classe"
17 mar 2004
di seguito, la lunga lettera inviata dal Ministro Moratti a l'Unità e la risposta del giornale:
Caro Direttore,
ho letto con sorpresa gli articoli "Scuola Moratti, ecco perché il Paese si ribella", e "Denigrare, dividere, disinformare, le tre D di Letizia", pubblicati da l'Unità del 12 marzo scorso.
Voglio subito affermare che non è mai stata mia intenzione denigrare, dividere, disinformare: anzi, proprio per ristabilire la correttezza dell'informazione vorrei fare alcune precisazioni sui principali punti trattati negli articoli.
1. IL CONFRONTO
La riforma è il risultato di ripetuti confronti con insegnanti, famiglie, studenti, organizzazioni sindacali, esponenti del mondo della produzione e del lavoro, associazioni professionali. Gli aspetti più innovativi - studio delle lingue, informatica, nuovi piani di studio - sono stati sperimentati positivamente in 250 scuole nell'anno 2002-2003 e in maniera generalizzata nell'anno scolastico in corso.
2. ORGANICI
È destituita di fondamento l'affermazione che sono stati "tagliati 70.000 posti": nell'anno scolastico 2002/2003 e 2003-2004 è stata operata una riduzione di circa 7.000 posti, riconducibile soprattutto al consistente calo della popolazione scolastica, che è diminuita in due anni di 50.000 alunni circa nella scuola primaria e 90.000 circa nella secondaria di II grado. La diminuzione degli insegnanti è quindi proporzionalmente di molto inferiore alla diminuzione degli alunni, per cui l'attuale rapporto insegnanti/alunni, che è di 1 a 10 rispetto alla media europea di 1 a 15, rimane confermato. Peraltro tali riduzioni sono state quasi interamente compensate da aumenti di posti derivanti sia dalle iscrizioni anticipate nella primaria, sia dall' introduzione dell'insegnamento della lingua straniera, sia dal rilevante aumento dei posti di sostegno: negli ultimi due anni oltre 4.000 posti. Le cattedre effettivamente vacanti, infine, sono 53.000 e non 100.000 come riportato nell'articolo, considerato che circa 47.000 cattedre sono indisponibili in quanto occupate da docenti titolari utilizzati in altra attività o in compiti diversi.
3. PROGRAMMI
La legge 53 e il decreto 59 non parlano di programmi di insegnamento, peraltro ampiamente superati, ma di profilo educativo, culturale e professionale dello studente e di "Indicazioni nazionali per i piani personalizzati della scuola dell'infanzia, della primaria e della secondaria di I grado". Indicazioni, non Programmi. I Programmi avrebbero, per la verità, già dovuto essere eliminati nel 1999 con il Dpr 275. Le Indicazioni, perciò, rispettano alla lettera il dettato dell'art. 8 di questo decreto. Nell' articolo si fa menzione di "materie eliminate 30 anni fa, come economia domestica". Ma le Indicazioni si riferiscono a principi e non a specifiche discipline. I principi non hanno nulla a che fare con l'economia domestica di 30 anni fa e rimandano, invece, al seguente capoverso del Profilo dello studente alla fine del I ciclo: "Il ragazzo affronta, con responsabilità e indipendenza, i problemi quotidiani riguardanti la cura della propria persona in casa, nella scuola e nella più ampia comunità sociale e civile".
4. TEMPO PIENO
Il tempo pieno non sarà una sorta di doposcuola e né un parcheggio per bambini, ma conserverà la sua funzione educativa, offrendo in più la possibilità alle famiglie di scegliere percorsi personalizzati. Attualmente usufruisce del tempo pieno solo il 24% degli alunni delle elementari. L'articolazione precedente del tempo pieno era standard: 40 ore uguali per tutti, di cui 30 ore obbligatorie e 10 per la mensa e il dopo mensa. Il tempo pieno è confermato per 40 ore gratuite, di cui 27 uguali per tutti e 3 settimanali opzionali a scelta delle famiglie: la personalizzazione delle scelte consentirà ulteriori approfondimenti o valorizzazione di particolari attitudini. Anche nelle secondarie di I grado il tempo pieno resta per 40 ore, di cui 27 obbligatorie, 6 a disposizione delle famiglie e 7 per le attività di mensa e dopo mensa.
5. LINGUE STRANIERE
Per quanto riguarda le ore dedicate all'insegnamento delle due lingue comunitarie nella scuola secondaria di I grado sono da tenere presenti alcuni punti fondamentali. Anzitutto, nella secondaria di I grado la riforma prevede per l'intero corso l'insegnamento sia dell'inglese sia di un'altra lingua comunitaria. In secondo luogo, nella primaria l'insegnamento dell'inglese, per effetto della riforma, viene introdotto in via generalizzata anche nelle classi prime e seconde e prosegue nelle altre classi. Inoltre, il problema dell'insegnamento delle lingue comunitarie non va valutato con esclusivo riferimento alla scuola secondaria di I grado, ma deve essere considerato in una visione d'insieme che comprende tutto il 1° ciclo - otto anni - e anche il 2° ciclo di cinque anni. Infine, l'assetto orario dell'insegnamento delle due lingue comunitarie va considerato a regime e non nella fase transitoria in cui coesistono il vecchio e il nuovo ordinamento. Inoltre, con l'introduzione del diritto- dovere all'istruzione e formazione professionale fino al 18° anno di età ovvero fino al conseguimento di una qualifica professionale, la lingua inglese sarà presente per l'intera durata dei due cicli. In sintesi, la riduzione del numero delle ore settimanali di insegnamento della prima lingua nella scuola media è compensata dall'introduzione della medesima lingua in prima e seconda elementare nonché dalla presenza della lingua stessa in tutte le classi della scuola secondaria superiore. Va considerato, altresì, che dopo la secondaria di I grado, anche la seconda lingua comunitaria viene impartita nei successivi 5 anni del secondo ciclo di istruzione, per un arco complessivo di otto anni di insegnamento della seconda lingua comunitaria. Peraltro spazi di approfondimento delle lingue sono disponibili anche nel quadro orario facoltativo e opzionale previsto sia per la primaria sia per la secondaria di I grado. Le scuole, nella loro autonomia didattica, possono inoltre utilizzare una lingua comunitaria anche per insegnamenti diversi da quelli linguistici.
6. UNICO SISTEMA EDUCATIVO
Nell'articolo si sostiene che "il Ministro ha ripristinato il canale duale: formazione professionale o licei. È inaccettabile che a 13 anni venga sancita una separazione tra chi studia e chi invece è condannato ad un lavoro precoce". La legge non parla affatto di "canali", e tanto meno di separazioni, ma di un unico sistema educativo, articolato nel sistema dei licei e nel sistema dell'istruzione e formazione professionale, dove è assicurato e garantito il passaggio dall'uno all'altro. La legge non parla nemmeno di "formazione professionale", ma di "istruzione e formazione professionale". Attualmente, superata la terza media, i ragazzi possono scegliere tra licei, istituti tecnici e istituti professionali. Con la riforma i ragazzi sceglieranno soltanto tra licei e istituti dell'istruzione e formazione professionale, per di più con maggiori garanzie di passaggio dagli uni agli altri. Quanto al "lavoro precoce", è il caso di ricordare che la legge ha ampliato e ridefinito l'obbligo scolastico di cui all'art. 34 della Costituzione, portandolo a 12 anni di diritto- dovere per tutti. Insomma, non avremo più l'attuale obbligo formativo al servizio del lavoro e delle aziende, ma il lavoro e le aziende al servizio della "crescita e della valorizzazione della persona umana" (art. 1 della legge 53).
Letizia Moratti, Ministro Istruzione Università e Ricerca
Confermo tutto: è un vero disastro
È molto tardi quando in redazione arriva la lettera del Ministro Moratti. La chiamata dal giornale mi coglie alla conclusione dei consigli di classe, alle 20.00, dopo una lunga giornata di lavoro: cinque ore a scuola la mattina, ricevimento pomeridiano dei genitori (3 ore) in uno dei due licei presso i quali insegno; consigli di classe nell'altro. Sono sfinita, e a casa ho due bimbi con la febbre alta. Ma le parole delMinistro riescono comunque a creare in me una sorpresa almeno analoga a quella che in lei ha prodotto la lettura della pagina che "L'Unità" ha dedicato alla scuola venerdì scorso, dopo la trasmissione di Vespa. Raccolgo quindi le forze residue e rispondo, punto per punto, alle garbate obiezioni della dr. Moratti.
Sono la mamma di un bambino (pensate, se volete, alla fatalità; oppure, se preferite, alla legge del contrappasso) che ha avuto l'avventura di capitare in una delle 250 scuole che hanno attuato lo scorso anno la sperimentazione della riforma. Abbiamo iscritto i nostri figli ad un modulo tradizionale. Nonostante le avvisaglie in agosto, e il sempre più pressante vociare in settembre, non siamo riusciti ad avere la certezza che la nostra fosse tra le scuole che "sperimentavano" se non ad anno scolastico iniziato, precisamente il 18 settembre. Nessuno è stato in grado di darci - prima di quella data - con certezza notizie sulle voci che circolavano. Ci siamo trovati "d'ufficio" cooptati in una sperimentazione che non avevamo né chiesto né scelto, con notizie farraginose e frammentarie in primo luogo dalla direzione dell'istituto. Il decreto sulla sperimentazione è uscito infatti solo due giorni dopo e regolava tutto: gli orari, le discipline, l'inserimento del tutor e il relativo piano orario. La tanto decantata formazione degli insegnanti non era ancora stata attuata. Nella scuola dei nostri figli si è sperimentato qualcosa che ha preso corpo giorno per giorno, senza preventive informazioni, preparazione, adeguamento delle strutture (i computer per l'informatica sono arrivati in primavera). I risultati dell'esperimento non sono mai stati pubblicati. Le insegnanti sono state brave perché erano brave da prima. Ai bimbi sono state tolte quattro ore delle materie curriculari tradizionali per inserire l'informatica e l'Inglese, che sono state insegnate da maestre di altri corsi, evidentemente prive di qualifiche specifiche. Sono state soppresse le ore di compresenza, esperienza didattica che precedentemente - là dove era stata applicata con rigore e responsabilità - aveva dato frutti notevoli, soprattutto in considerazione di una scuola che volesse improntarsi ai criteri di pluridisciplinarietà. Sono, al tempo stesso, una docente di scuola superiore. Ma ho lavorato per molti anni nella scuola media. In particolare in un istituto comprensivo (materna, elementare e media) in una zona a rischio nella periferia di Roma. Negli anni passati e durante quest'anno scolastico ho partecipato ad innumerevoli riunioni, assemblee, commissioni per studiare la riforma scolastica: non mi è mai, dico mai, capitato di incontrare un solo insegnante o un solo genitore che fosse stato interpellato sulla riforma. Del resto il Ministro ricorderà il clamore suscitato dall'esclusione di insegnanti, studenti, genitori e perfino dei Comuni e dei sindacati dalla kermesse mediatica degli Stati Generali sulla scuola. Su quella falsariga, nonostante gli spot pubblicitari, ha continuato a lavorare. Ne è prova la disinformazione che il Ministero stesso registra sul numero di insegnanti, genitori e studenti che sono oggi in mobilitazione permanente: solo giovedì scorso individuati come una minoranza facinorosa.
2. Tra gli economisti critici è particolarmente diffuso un detto, che mi sembra rispondere efficacemente a quanto il Ministro scrive nel secondo punto: "I numeri parlano, ma purtroppo dicono quasi sempre quello che gli vuoi far dire". Il vizio della signora Moratti è quello di continuare a sciorinare cifre decontestualizzate, che poco hanno a che fare con la realtà. La Finanziaria 2001-2002 ha preventivato il taglio di 32.000 posti di lavoro nella scuola nel triennio a seguire. Il Ministro farebbe bene a spiegare al collega Tremonti, e non a noi dell'Unità, per quale motivo non ha applicato quanto previsto da quella Finanziaria. Evidentemente non può. Il provvedimento stesso dell'insegnante tutor (dalle 18 ore alle 23 ore curriculari) se la matematica non è un'opinione getta le basi per una riduzione degli organici che non tarderà a farsi sentire. In tutte le scuole elementari è dato di fatto che le ore di Inglese vengono svolte dagli insegnanti già presenti in organico. Le cattedre a 18 ore sono un'altra prova lampante dell'aumento degli insegnanti e del sacro rispetto riservato agli stessi docenti e agli studenti.
3. Per la prima volta nella storia del nostro Paese i programmi (programmi veri, dettagliati al millesimo, si veda la Gazzetta) sono parte integrante di un decreto legge; là dove paradossalmente la legge delega 53/2003 prevedeva la pubblicazione di un regolamento che è qualcosa di sostanzialmente differente da un decreto delegato: atto amministrativo il primo, legge il secondo. E non è una semplice questione di formule, di denominazioni (programmi o indicazioni nazionali) a far decadere la palese e gravissima contraddizione in cui quelle indicazioni - che sono, ripeto, dettagliatissimi programmi (pubblicate nel testo del primo decreto attuativo della riforma) sono incappate rispetto alla stessa legge delega. Sulla discutibilità dei contenuti, poi, non è questa la sede adatta per intervenire.
4. La signora Moratti è incapace o non vuole scendere sul piano concreto (e cioè parlare oggettivamente di cosa sia stata l'esperienza didattica ed educativa del tempo pieno e di come nella sua proposta cambierà il contenuto e la qualità delle ore che i bambini trascorreranno a scuola. Dimostra dimestichezza con le addizioni (27+10+3=40) ma contemporaneamente la scarsa consistenza sul piano pedagogico della sua controproposta; e, cosa assai più grave, l'incapacità di recepire la sostanza del problema e il rifiuto delle famiglie e degli insegnanti di rinunciare ad un'idea di scuola sottratta alle alchimie ragionieristiche e risparmiatrici del tandem Moratti-Tremonti.
5. La complicatissima spiegazione del Ministro non convince: il decreto attuativo non prevede né una descrizione delle modalità né soprattutto con quale copertura finanziaria verrà sostanzialmente generalizzato l'insegnamento della seconda lingua comunitaria. Ciò che è certo, al momento, è che una delle due lingue toglierà ore all'altra. Ma quanto previsto all'art. 7 della legge delega - e cioè una dettagliata relazione in merito alla copertura finanziaria - è inconfutabilmente lettera morta. Assente. Forse sottinteso, in questo capolavoro di precisione e competenza che è il primo decreto attuativo. Senza contare che anche la riforma dei cicli del centrosinistra prevedeva le due lingue: ma anche questi sono dettagli. I veri innovatori, forse solo un po' troppo smemorati e pasticcioni, sono loro&
6. Anche per il diritto-dovere, questa formula suggestiva ma pericolosissima, nessuna parola in merito alle previsioni economiche. Un tempo, fino ad oggi, nella scuola basata sulla Costituzione "sovietica" esisteva l'obbligo. Una forma di civile coercizione che prevedeva che - soprattutto nelle aree di disagio sociale - la scuola si facesse garante di una frequenza obbligatoria (fino a 15 anni, grazie al centrosinistra). Significava chiedere alla forza pubblica di reintegrare lo studente che non frequentasse, obbligando la famiglia a rimandarlo in classe, sottraendolo al lavoro, alla strada, al nulla. Io ho il diritto-dovere di andare a votare, ma se dovessi non farlo nessuno mi obbligherebbe ad esercitarlo. Questa è la differenza. Istruzione e formazione professionale rappresentano la sclerotizzazione definitiva di differenze economiche, sociali, culturali acquisite con la nascita. Significa destinare preventivamente i ricchi, i nati bene alla comunità dei pari, degli uguali: liceo, università, lavoro, cultura, danaro. Lasciare agli altri - paternalisticamente - solo la perpetuazione del proprio destino, casomai imparando a fare bene un mestiere. Salvo poi scoprire, in corso d'opera, predilezioni differenti. Sarà semplicissimo, allora, recuperare lo svantaggio accumulato trasferendosi, magari, in un primo liceo classico. Si sa, una passerella non si nega a nessuno nella scuola delle tre i.
Marina Boscaino