E i bandi per i dottorati rischiano il blocco
L’Adi: la legge non è chiara e i giovani restano nel limbo in attesa della macchina burocratica
guidato da Mariastella Gelmini faccia chiarezza sui contenuti della riforma universitaria che, su questo e altri punti, è ambigua. La legge fa infatti saltare l’obbligo per gli atenei di bandire senza certezza della borsa al massimo il 50% dei posti. Ma non si capisce se ciò si traduca in una liberalizzazione dei posti privi di borsa o se questi, invece, vadano eliminati del tutto. Anche nei due rami del Parlamento sono state date interpretazioni opposte. È l’allarme lanciato dall’Adi, l’Associazione dei dottorandi italiani.
I dottorati si bandiscono, di solito, fra giugno e luglio, ma «è in questo periodo- spiegano dall’Adi- che le università cominciano a verificare le disponibilità di bilancio per le borse e le necessità di dipartimenti e facoltà. Ora gli atenei sono al buio. Non è ancora chiaro, infatti, come interpretare l’articolo 19 della riforma universitaria». L’Adi chiede risposte certe al Miur che, per il momento, ha offerto un generico «ci sarà un apposito regolamento». Il provvedimento non ha tempi certi e si rischia il blocco dei dottorati. O, comunque, un loro parziale congelamento. Intanto sono stati bloccati in molti atenei gli assegni di ricerca. «Perché la legge Gelmini - dicono sempre dall’Adi - prevede un decreto del ministro che indichi un loro importo minimo. Sembrava fosse in dirittura d’arrivo, ma non ne abbiamo più avuta notizia». E i giovani restano nel limbo in attesa della macchina burocratica che, nel frattempo, deve produrre altri 47 decreti e regolamenti attuativi per dare corpo ad una legge che, per ora, indica solo il quadro delle riforme.
A. Mig.