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e-Book in edifici vecchi e inadeguati le contraddizioni della Scuola 2014

Il sistema italiano dell’istruzione e la sfida della modernità

31/12/2013
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Corriere della sera

V.Santarpia

Indietro: indietro rispetto all’Europa, rispetto agli standard dell’Ocse, rispetto alle esigenze e alle aspettative delle famiglie, rispetto al mondo del lavoro. La scuola italiana pubblica fa fatica a tenere il passo con la modernità, e sempre più spesso gli studenti bravi e volenterosi sono costretti a rivolgersi a istituti privati o a trasferirsi all’estero per essere valorizzati. Strutture fatiscenti e inadeguate a ospitare ragazzi con handicap fisici o psichici, insegnanti demotivati e precari, strumenti digitali appannaggio solo di pochi fortunati, incapacità strutturale di creare un’alleanza tra aule e aziende, e risorse scarse, che divise tra mille esigenze non riescono a coprire le falle del sistema. Ma qualche timido segnale di volontà di miglioramento si intravede: il decreto istruzione stanzia fondi per la formazione degli insegnanti, per i docenti di sostegno, per il welfare degli studenti. Sono questi i segnali che vanno amplificati, per cominciare a compiere qualche passo in avanti.
    A Come abbandono scolastico: l’Italia è tra i Paesi peggiori d’Europa per abbandono delle aule. Il 17,6% degli alunni, con punte del 25% nel Mezzogiorno, lascia i banchi troppo presto. Gli ultimi dati forniti dalla Commissione europea rivelano che il tasso medio di abbandono tra i 28 Paesi dell’Ue è del 12,7%, sempre più vicino all’obiettivo comunitario del 10% da raggiungere entro il 2020. Ma sono ancora cinque le nazioni lontane da questa meta: tra loro l’Italia, che — considerando il numero di 18-24enni che ha lasciato gli studi prima del tempo — ha fatto peggio persino della Romania.

 B Come bisogni educativi speciali. A introdurre l’espressione è stata la direttiva ministeriale del dicembre 2012, che precisa che «l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit». Hanno bisogno di attenzioni particolari anche gli alunni con svantaggio sociale e culturale, o disturbi specifici dell’apprendimento, o difficoltà di relazione di altro tipo. Come dargliele? Ci è voluto quasi un anno perché il ministero dell’Istruzione — a novembre di quest’anno — emanasse una circolare con alcuni chiarimenti per venire incontro ai Bes. L’anno 2013-2014 dovrà essere utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative. Ma c’è ancora molta strada da fare: e — denunciano i sindacati — risorse da mobilitare.

 C Come Costituente della scuola: ovvero, come riformare la scuola passando dal dialogo con tutte le sue componenti. L’ambizioso piano è stato lanciato dal ministro Maria Chiara Carrozza, ed è partito ufficialmente il 17 dicembre, quando sono stati convocati a viale Trastevere i direttori degli uffici scolastici regionali. «La costituente della scuola dovrà essere un’azione che parte dalla scuola ma che parla al resto del mondo, a cominciare dagli intellettuali. La costituente dev’essere in grado — ha chiarito Carrozza — di fare le domande giuste per la scuola». In quest’ottica, saranno consultate anche le associazioni dei genitori e quelle degli studenti .

 D Come digitale: cioè, come la scuola italiana sta tentando faticosamente di risalire la china del gap informatico attraverso il piano nazionale scuola digitale lanciato nel 2009. Oggi in Italia ci sono circa 70 mila lavagne multimediali, 1.200 classi 2.0, 36 scuole 2.0, e il decreto scuola varato il 31 ottobre dà impulso ai libri digitali. Ma non basta: secondo l’Ocse, l’Italia ha molti passi da fare sulla strada della modernizzazione. Sei pc ogni 100 studenti (contro i 16 europei), solo il 21,6% delle aule dotate di lavagna interattiva multimediale, e un budget di appena 5 euro a studente: troppo poco per renderci competitivi.

E  Come edilizia scolastica: il 15% dei 42 mila edifici scolastici italiani non nasce come scuola ma è stato riadattato. Il 44% delle scuole è stato costruito in un periodo che va dal 1961 al 1980 e risulta «non completamente a norma». L’11% non ha il certificato di valutazione dei rischi. L’82,3% non ha il certificato di prevenzione incendi. Gli edifici scolastici italiani cadono a pezzi. Qualcosa si muove: i primi 150 milioni sono stati stanziati dal decreto del Fare, per sanare le emergenze. E il decreto scuola prevede che il governo contragga un mutuo di 800 milioni con la Banca di sviluppo europea: costerà 40 milioni di euro all’anno per i prossimi trent’anni, ma dovrebbe permettere un risanamento delle strutture, in base alle esigenze dichiarate dalle Regioni.
F Come fondi: 450 milioni, una goccia nel mare. A tanto ammontano i fondi stanziati dal decreto scuola, divisi tra orientamento, dispersione scolastica, libri di testo, tutela della salute, formazione dei docenti, assunzione degli insegnanti di sostegno, formazione nelle aziende, semplificazione, ricerca scientifica, dimensionamento, welfare studentesco, offerta formativa. Servirebbe dieci volte tanto per dare una svolta di qualità alla scuola italiana. Per ora le risorse sono state drenate dall’ennesimo aumento delle accise: ma la coperta è sempre troppo corta.

 G Come geografia: la riforma Gelmini l’aveva tagliata pesantemente, il decreto scuola della Carrozza prova a restituirle dignità, stanziando 13,2 milioni (3,3 nel 2014, il resto nel 2015) per reinserire un’ora di geografia generale ed economica nel biennio degli istituti tecnici e professionali. Restano fuori dalla novità i licei, dove la riforma Gelmini aveva introdotto la geostoria, 3 ore settimanali, al posto di 4, in cui spartirsi storia e geografia, a discrezione del docente. Magari il prossimo passo sanerà l’anomalia.

 H Come handicap: sono oltre 200 mila (207.244, per la precisione) gli alunni disabili in Italia, il 2,6% della popolazione studentesca, con punte del 14,8% in Lombardia, dell’11% nel Lazio, del 10% in Campania. Ma mancano gli insegnanti di sostegno (uno ogni due studenti) e ancora ci sono troppe barriere architettoniche: il 27% degli edifici scolastici ha gradini all’ingresso, l’ascensore è assente nel 35% delle scuole a più piani e non funziona nell’11% dei casi, nel 23% delle scuole non esistono bagni per disabili e il 15% ha barriere architettoniche tali da renderli inutilizzabili ai ragazzi con disabilità.

I Come Invalsi: amato da chi lo considera uno strumento fondamentale, odiato da chi lo ritiene riduttivo ed estremo. Il sistema di valutazione delle scuole italiane è a un punto di svolta. Sotto la presidenza di due esperti di Bankitalia (prima Piero Cipollone, poi Paolo Sestito) ha avuto un carattere molto razionale e sistematico. Ma ora potrebbe prendere un’altra direzione, e dare più attenzione ad alcune peculiarità del nostro sistema scolastico e dei nostri studenti: più pedagogia e meno economia. La scelta del nuovo presidente, in corso in questi giorni, sarà fondamentale: una commissione ad hoc sta valutando le candidature che hanno risposto al bando del Miur.

L Come liceo breve: la sperimentazione è partita quest’anno al San Carlo di Milano, il Guido Carli di Brescia e l’istituto Olga Fiorini di Busto Arstizio, tre scuole paritarie dove per la prima volta i ragazzi si diplomeranno a 18 anni, dopo quattro anni invece di cinque. Il ministero è pronto a estendere l’esperimento ai licei statali, per equiparare i nostri percorsi di studi a quelli europei. Ma i sindacati protestano: si perdono 40 mila cattedre.

M Come merito: in molte parti del mondo, dall’Inghilterra alla Norvegia agli Usa, dove i salari sono differenziati in base alle performance, la valutazione degli insegnanti è parte integrante del sistema. In Italia Invalsi, Indire e corpo ispettivo non riescono a scardinare un tabù del nostro sistema scolastico, la possibilità di premiare i docenti meritevoli e punire gli incapaci. Il ministro vuole attuare il Dpr sulla valutazione e assumere i 59 ispettori del dl scuola .
 NCome neet: l’acronimo inglese sta per not in education, employment or training . Indica quegli oltre 2 milioni e 200 mila ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né studiano né risultano iscritti a corsi di formazione. In passato erano più numerosi al sud, ma con la crisi sono aumentati anche al Nord. Nel 2012 sono cresciuti del 4,4%, ma dal 2008 a oggi l’aumento è stato del 21,1%. Ben 391 mila giovani hanno smesso di fare qualsiasi cosa per impiegare la propria vita in maniera costruttiva.

 O Come orientamento: uno spot trasmesso sulle reti Rai e Mtv, un wiki (un ipertesto pubblico) costruito online, un tutor a disposizione per parlare di dubbi e indecisioni. L’orientamento per gli studenti di medie e superiori parla il linguaggio delle giovani generazioni. Lo fa con «Io scelgo, io studio», la campagna del ministero per investire in maniera organica i 6,6 milioni destinati dal decreto scuola proprio all’orientamento. Internet, la finestra sul mondo dei ragazzi, è la chiave: sul sito www.istruzione.it/orientamento gli studenti potranno leggere i percorsi di studio e farsi un’idea delle opzioni possibili, sia per la scelta della scuola superiore, sia per la strada da prendere dopo il diploma.

 P Come precari: l’Italia rischia una multa di 10 milioni di euro dall’Europa per i precari della scuola, un esercito di 130 mila persone, secondo Cgil Cisl e Uil, addirittura di 137 mila secondo l’Anief. L’altolà è arrivato un mese fa da Bruxelles, dove è stata aperta una procedura di infrazione per il mancato rispetto della direttiva sul lavoro a tempo determinato. L’Italia è «accusata» di usare i supplenti con contratti a termine «continuativi» e pagarli poco rispetto agli immessi in ruolo. Il ministero si difende: «Spiegheremo le peculiarità del nostro sistema».

Q Come quote di partecipazione: secondo Cittadinanza attiva, sono 390 i milioni erogati da genitori e parenti degli alunni per sopperire alle mancanze strutturali delle nostre scuole e decine i casi in cui la società civile si è data da fare per restituire dignità alle aule deturpate da tempo e usura. Famiglie che hanno risistemato cortili, verniciato pareti, comprato apparecchiature. Per non parlare delle «quote integrative» richieste fin dalla scuola dell’infanzia per materiali che dovrebbero essere forniti dagli istituti: carta igienica, pennarelli, album da disegno.
 R Come riforma: l’ultima, quella attuata dal governo Berlusconi, è ancora contestata da studenti e sindacati per i tagli attuati. Il ministro Carrozza vuole riprovarci: ma partendo dal dialogo con tutte le componenti della scuola a cui ha dato il nome di Costituente.

 S Come Stage: Studio e lavoro? Due mondi che non comunicano, almeno in Italia: i giovani tra i 15 e i 29 anni che affiancano a un’esperienza di formazione un’altra di occupazione, sono pochi, il 3,7%, a differenza di quanto avviene nel resto d’Europa (12,9%), e soprattutto in Paesi come Germania (22,1%) e Regno Unito (18,5%). È uno dei motivi principali per cui la disoccupazione giovanile nel nostro Paese è in aumento: negli ultimi cinque anni, il numero di occupati tra i 15 e i 34 anni ha subito un calo del 16,3%, al di sopra della media europea, e ancor più elevato nel Mezzogiorno (-18,1%). Dati di Confindustria, che ogni anno lancia Orientagiovani proprio per permettere al mondo degli studenti di incontrare quello degli imprenditori, e creare positive esperienze di lavoro in azienda per gli studenti agli ultimi anni delle secondarie superiori.

T Come tirocinio, ovvero come trasformare un periodo di apprendistato nel lavoro del futuro. In Italia le esperienze positive non mancano: ci sono diversi istituti tecnici e professionali che funzionano bene e indirizzano gli studenti verso un lavoro. Ma quello che non c’è è il raccordo a livello nazionale, che rischia di farci perdere il treno. Le previsioni per il 2020 dicono che crescerà in Europa la domanda di livelli più alti di istruzione/formazione in tutti i tipi di lavoro: una domanda a cui l’Italia rischia di non rispondere adeguatamente, visto che le stime parlano di un 17,5% di lavoratori qualificati contro il 32% del resto d’Europa.

 U Come università: il fondo ordinario per le università ammonta a circa 7 miliardi. Per la prima volta sono state aumentate le risorse, dopo anni di tagli. Ma i nodi da sciogliere restano: la quota premiale, quella destinata agli atenei virtuosi, era fino a quest’anno solo del 13,5% e dovrebbe aumentare l’anno prossimo al 20%. I 41 milioni destinati a chi ottiene le migliori performance sono saltati nel decreto scuola e solo grazie alla reazione dei rettori sono rientrati qualche giorno fa in un disegno di legge sugli enti locali. L’Anvur, agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, non ha risposto alle esigenze del sistema attirandosi critiche per i criteri usati nella valutazione della qualità degli atenei. E le nostre università continuano a comparire agli ultimi posti nelle classifiche internazionali.

V Come valore legale del titolo di studio: dopo la polemica sui titoli di studio che alcuni politici si erano indebitamente accreditati si è aperto il dibattito. Due parlamentari della Lega hanno presentato una proposta di legge per l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, ricordando i casi di Stati Uniti e Gran Bretagna dove i crediti formativi e curricolari e la certificazione delle competenze hanno più importanza di un foglio di carta con doppio timbro ministeriale. Se il valore legale venisse abolito, avrebbe più importanza ai fini di un concorso pubblico l’università di provenienza (e la valutazione) piuttosto che il voto ottenuto. Ma la questione è delicata e probabilmente non sarà affrontata nell’immediato.

 Z Come zaini: sempre più leggeri grazie ai libri digitali. Prima pesavano fino a 15 kg e soprattutto costavano alle famiglie centinaia di euro all’anno. Ora qualcosa dovrebbe cambiare: i presidi possono rifiutarsi di approvare i testi decisi dal consiglio dei docenti se superano il tetto stabilito (inferiore del 10% rispetto all’anno precedente), e il libro dovrà essere sempre più fruibile su supporti diversi (tablet, pc, lavagne digitali) in modo da lasciare la massima libertà a famiglie e insegnanti. Nel caso siano necessari software per l’utilizzo degli ebook, gli studenti dovranno poterli scaricare gratis sul sito dell’editore. Nel caso di testi misti, la parte cartacea dovrà essere realizzata usando materie prime con basso peso e costo contenuto.


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