Il green pass sulla scuola è rimandato a settembre. Il tema era sull’agenda del Consiglio dei ministri di ieri, poi è slittato alla prossima settimana ma è più probabile che un’eventuale norma venga discussa a fine agosto. Ufficialmente, ora c’è da sciogliere il nodo-giustizia. Ma le perplessità nei confronti del green pass per docenti e personale ATA attraversano ampi settori del governo soprattutto in zona Lega: diversi esponenti sono in piazza contro il pass e molti governatori, il friulano Fedriga in testa, ritengono la norma a forte rischio di ricorsi e caos. Per le categorie interessate dal provvedimento, il green pass è invece un pericoloso specchietto per le allodole.
LA NECESSITÀ DEL PASS è giustificata dal governo con le cifre sull’esitazione nazionale che il generale Figliuolo esibisce in ogni possibile occasione. Secondo l’ultimo report della struttura commissariale, la scuola sarebbe infestata da oltre duecentomila «no vax», circa il 15% del personale. Otto regioni hanno un tasso di adesione superiore al 90%, e lì il problema non si pone. La metà dei presunti «no vax» si concentrerebbe in sole tre regioni: Sicilia, Piemonte e Emilia-Romagna.
Delle cifre del generale, però, è lecito dubitare, perché raccogliere dati sulle vaccinazioni del personale non è facile come sembra. Prima di tutto, la platea identificata dal generale non riguarda solo la scuola ma anche l’università, ed è singolare che si stabiliscano norme sulla scuola partendo da dati raccolti anche in altri ambienti lavorativi. Che la platea sia approssimativa lo si evince dagli stessi numeri del commissario, un po’ troppo tondi per essere accurati. I dipendenti scolastici sarebbero infatti 140.000 (non uno di più) in Sicilia, 110.000 in Puglia, 120.000 in Piemonte: una pioggia di zeri che fa pensare a stime per eccesso, inadatte a calcolare percentuali. Inoltre, il numero degli operatori vaccinati in molte regioni appare sottostimato da parte degli uffici del Commissario.
Andrea Capocci
IL CASO DELLA SICILIA è quello più lampante. L’isola rappresenta un caso, visto che ben il 43% dei dipendenti della scuola avrebbe rifiutato il vaccino. Ma i dati a disposizione della Regione sono molto diversi da quelli pubblicati da Figliuolo. «La platea vera in realtà è di 129 mila persone, e non 140 mila come scrive il commissario» spiegano i tecnici che si occupano della campagna vaccinale siciliana. «I dati ce li ha consegnati il governo stesso, visto che la piattaforma siciliana per le prenotazioni è quella fornita da Poste». Il numero dei vaccinati con almeno una dose poi è molto diverso dagli 80 mila delle tabelle del governo, proseguono i tecnici.
«Sono oltre 105 mila quelli vaccinati, secondo le tabelle che ha anche il governo», perché i numeri delle somministrazioni vengono inviati in tempo reale a Roma. «È incomprensibile – lamentano – che il commissario fornisca da settimane dati inesatti». Quindi, la percentuale vera del personale scolastico non vaccinato scende dal 43% al 18%, in linea con la media nazionale. Ha senso parlare di un «caso Sicilia»?
ANCHE IN PIEMONTE, seconda regione italiana per numero di «No Vax» (quasi 27 mila ufficialmente, il 22%), i recalcitranti sono probabilmente molti di meno. «La stima di 120 mila dipendenti è calcolata per eccesso – spiega Pietro Presti, a capo del gruppo di lavoro degli epidemiologi del Piemonte impegnato nella campagna – e include anche il personale universitario, docente e non». Ma il vero «errore» è un altro: per decisione di Figliuolo, dall’11 aprile il personale scolastico non ha più avuto una corsia preferenziale e le prenotazioni dei vaccini sono proseguite solo per fasce di età. «Molte persone a quel punto non si sono più iscritte come «personale scolastico» – spiega Presti – e non abbiamo la possibilità per ragioni di privacy di contare quante di loro si siano vaccinate per fascia di età».
Anche i 27 mila del Piemonte, dunque, potrebbero essere «no vax» immaginari e già vaccinati. I tecnici dell’Emilia-Romagna non hanno risposto alle richieste di informazioni del manifesto. Ma se nelle regioni più problematiche il numero di non vaccinati è largamente sovrastimato, è verosimile che anche altre regioni italiane presentino gli stessi scostamenti. L’errore non ha solo un significato statistico.
L’ARGOMENTO del basso numero di vaccinati è stato avanzato dal governo per giustificare in anticipo un eventuale nuovo ricorso alla didattica a distanza quando due giorni fa ha incontrato i rappresentanti di personale e presidi. I quali da parte loro hanno voluto vedere il bluff. «Nessuno ha posto opposizioni di principio all’obbligo vaccinale tra i docenti, se davvero dovesse servire» spiega Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil. «Abbiamo spiegato però che il problema non è lì, anche alla luce di numeri così poco affidabili». Un messaggio colto anche da Figliuolo, se ha dato tempo fino al 20 agosto alle regioni per aggiornare i numeri. «Per avere davvero tutti in presenza a settembre servono risorse, spazi, interventi sul trasporto pubblico e misure straordinarie» prosegue Sinopoli. «Il rientro in presenza ha bisogno di azioni concrete: non c’è più tempo».