I docenti bocciano il bonus merito. E si dividono sulla loro carriera
Ricerca Swg sulla riforma: pollice verso al preside sceriffo
Emanuela Micucci
Bocciato il bonus di merito, gli insegnati sono divisi su nuove ipotesi di gestione della propria carriera. Secondo il 23% va articolata in classi di merito, cui attribuire una differenza stipendiale. Per un altro 23% deve essere legata alle funzioni svolte nella scuola e al curriculum. Mentre il 21% ritiene prioritaria l'anzianità di servizio con il riconoscimento di specifiche funzioni attribuite con il superamento del concorso. E ancora: il 17% vuole una carriera legata soltanto all'anzianità di servizio e il 12% alla valutazione ottenuta all'interno della scuola dove si lavora. È la fotografia scattata da Swg nell'indagine “Un anno di Buona Scuola: la riforma all'esame degli insegnati” per la Gilda degli Insegnati in occasione della Giornata mondiale dell'insegnante.
Docenti che alla domanda dopo quanti anni di servizio si dovrebbe accedere a una classe di merito superiore, nel 56% dei casi rispondono «dopo 5 anni» Ma se il merito assume la forma del bonus premiale previsto dalla riforma della scuola di matteo Renzi-Giannini, il 67% è contrario. Non solo. Appena 1 su 5, il 19%, ritiene che sortirà un effetto migliorativo sulla scuola. Anzi, secondo il 79% accentuerà situazioni di conflitto e di inutile competitività tra i docenti.
Pollice verso per la chiamata diretta da parte dei presidi, che accoglie il favore solo del 5% dei docenti. Per l'assegnazione delle sedi agli insegnati quasi la metà, il 46%, vorrebbe tornare alla vecchia graduatoria con regole nazionali in vigore prima della riforma. Bocciati anche il piano di miglioramento e il Rav: per il 47% strumenti che hanno «solo in parte» migliorato la qualità dell'offerta formativa, addirittura «per niente» per il 39%. Del resto, il 48% ritiene che nella propria scuola i docenti siano stati coinvolti soltanto in parte nel Sistema nazionale di valutazione e il 24% che non lo siano stati affatto. Ancora più alta la percentuale di chi non condivide che il Comitato di valutazione comprenda studenti, genitori e soggetti esterni: il 64%.
Sul banco degli imputati il «preside sceriffo»: il 67% pensa che il ruolo del dirigente scolastico targato Buona Scuola si sia rafforzato in modo negativo, penalizzando quello dei docenti e la libertà di insegnamento. Tanto che il 43% vorrebbe che il preside fosse affiancato da un coordinatore della didattica eletto dal collegio dei docenti, mentre per il 38% dovrebbe essere eletto, distinguendo la funzione di gestione didattica da quella amministrativa affidata a un manager. Non migliorano i giudizi dei docenti nell'esame del reclutamento e della formazione. Il 43% considera il tirocinio di 3 anni post laurea un modo per utilizzare i giovani a basso costo. E per la metà degli insegnanti la formazione obbligatoria passa per un aumento di stipendio e per un nuovo contratto di lavoro. «Il sondaggio», commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, «dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte dei docenti condanna i punti fondamentali della legge 107/2015, ritenuti inutili e dannosi».