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Difendere le famiglie

Adesso che la decisione di richiudere le scuole è stata presa, chi si occuperà di ristorare i ragazzi e le famiglie? Non è e non può essere soltanto una questione economica

03/03/2021
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Corriere della sera

di Gianna Fregonara e Monica Guerzoni

Adesso che la decisione di richiudere le scuole è stata presa, chi si occuperà di ristorare i ragazzi e le famiglie? Non è e non può essere soltanto una questione economica. C’è da capire cosa ancora si può fare per i bambini e gli adolescenti che stanno vivendo un anno scolastico così travagliato. Ma da lunedì ci sarà anche un problema imminente che attende una risposta dal governo: come se la caveranno le famiglie alle prese di nuovo con la Dad, con i bambini confinati al computer e i genitori al lavoro o in smart working?

Il ministro Mariastella Gelmini ha promesso che aiuti e interventi per 200 milioni arriveranno con il Decreto sostegno. Ma le misure servono da subito per permettere alle mamme e ai papà di riorganizzare le proprie vite familiari e lavorative. Ed è giusto aspettarsi la stessa attenzione che c’è stata per i ristori stanziati a beneficio delle attività economiche: l’Ufficio parlamentare di bilancio ha calcolato sin qui 11 miliardi a fondo perduto. Una cifra enorme, che di certo non verrà impegnata per i congedi parentali e i bonus baby sitter.

Sembra un secolo, ma soltanto due settimane fa il dibattito sulla scuola era incentrato se prolungare o meno le lezioni fino a giugno, per recuperare un po’ delle tante ore in presenza perdute in questo anno così duro.

Sembrava che il peggio fosse alle spalle e che stesse finalmente arrivando il momento di prepararsi al «dopo». Purtroppo no, improvvisamente l’orizzonte è di nuovo quello di un anno fa, con la chiusura di tutte le scuole nelle zone rosse e la didattica a distanza anche nei comuni e nelle province ad alto rischio delle regioni arancioni e gialle. Gli scienziati del Cts e il governo ci dicono che non c’è altro da fare: i contagi sono in aumento e i giovani sono i più esposti alle nuove, insidiose varianti del Covid-19. Ed eccoci tornati agli stessi sentimenti, alle stesse paure e alla stessa frustrazione della drammatica primavera 2020.

È vero che non sarà una chiusura generalizzata, che ci saranno ancora delle zone di scuola in presenza: però già oggi in 12 regioni ci sono intere aree in rosso, dove le scuole resteranno chiuse e c’è da immaginare che se ne aggiungeranno presto altre. Questo anno di emergenza, che ha portato l’Italia vicina alla cifra dolorosamente simbolica dei centomila morti di Covid-19, non può essere passato senza averci insegnato nulla. Il governo è nuovo, ma nella cabina di regia politica siedono dei «veterani» della guerra al Covid, tra ministri riconfermati, medici, esperti e presidenti di Regione. E siede il premier Mario Draghi, il quale nel discorso alle Camere ha illustrato una strategia di contrasto costruita su due pilastri: la lotta alla pandemia sanitaria e quella alle conseguenze economiche e sociali che stanno mettendo a dura prova la vita delle persone e la sopravvivenza delle attività. Impostazione saggia, che va salvaguardata dalle pressioni di chi spera che l’economia prenda il sopravvento.

Questo anno, che non ha precedenti dal Dopoguerra, ci ha insegnato tra l’altro che le scuole è più facile chiuderle che riaprirle, discorso specularmente valido anche per i bar, i ristoranti, i negozi, le piscine o le palestre. Ma se questi ultimi vengono (giustamente) ristorati, alle famiglie viene chiesto di arrangiarsi. Nei partiti e al vertice degli enti locali c’è anche chi, numeri del Pil alla mano, spinge per tenere chiuse le scuole e aperte le attività, tanto che nella cabina di regia di lunedì con il premier alcuni ministri hanno dato battaglia perché lo stop alla didattica in presenza fosse vincolato alla serrata dei negozi.

Fallito il lodevole tentativo, il problema resta, anche perché i comportamenti virtuosi che a scuola si rispettano, mascherine e distanza, nei momenti di svago si allentano. E certo non basta chiudere medie o superiori per evitare che i ragazzi, dopo le ore di scuola in cui hanno visto i compagni a distanza di sicurezza, nel pomeriggio si incontrino e si assembrino: cosa che può accadere senza alcun controllo al chiuso e all’aperto, nelle abitazioni private o nei negozi rimasti aperti.

Per chiedere a genitori e studenti un altro miglio di resistenza è dunque auspicabile che il governo spieghi il percorso, i tempi delle misure e quelli delle riaperture, il perché di questo nuovo sacrificio per i bambini e i ragazzi e la prospettiva che li attende.

Non basterà promettere che anche questo giugno, il secondo dell’emergenza Covid-19, saranno tutti promossi.


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