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NEL NOME DEL TEAM* di Giancarlo cerini Nuvoloni grigi si addensano sul futuro della pluralità docente nella scuola elementare. Diciamoci la verità: l'organizzazione a moduli, scaturita dalla ...
NEL NOME DEL TEAM*
di Giancarlo cerini
Nuvoloni grigi si addensano sul futuro della pluralità docente nella scuola
elementare. Diciamoci la verità: l'organizzazione a moduli, scaturita dalla
riforma del 1990, non ha mai goduto di una buona immagine, soprattutto tra i
cosiddetti "opinionisti" (che spesso fanno opinione senza conoscere la
scuola "vera"). Vista essenzialmente come escamotage per salvaguardare gli
organici dei docenti anche a fronte del vistoso calo demografico, piuttosto
che conseguenza naturale della nuova impostazione culturale dei programmi
didattici del 1985. Infatti, far crescere i ragazzi attraverso l'incontro
con i saperi, le discipline, gli ambiti culturali, richiede il concorso di
competenze specifiche dei docenti (al plurale).
Il rischio è che in tempi di "vacche magre", quando la politica
scolastica sembra guidata dalle leggi dell'economia, si pensi di ottenere
qualche risparmio modificando l'attuale organizzazione della scuola
elementare, invocando a gran voce il ripristino della figura unica del
docente.
Una simile prospettiva è stata evocata con molta enfasi anche all'
interno dei documenti che hanno preparato la proposta di riforma Moratti.
Infatti, nel Rapporto Bertagna (dicembre 2001) si ipotizza che nelle prime
classi elementari (addirittura fino alla quarta) sia pedagogicamente più
opportuna la presenza di un docente con una forte (quasi esclusiva) presenza
oraria, che possa ricondurre ad unità il progetto educativo e didattico
della classe.
Certo, in questi anni ci sono stati degli eccessi. Si è assistito a
volte al proliferare delle figure docenti, ad una frammentazione che ha
portato alla secondarizzazione degli insegnamenti fin dalla prima
elementare: troppi insegnanti (fino a 5-6), troppi quaderni, troppe
"materie", ognuna con le sue esigenze di tempo, le sue attività, le sue
esercitazioni. Un mix non sempre coerente con un'organizzazione formativa
delle discipline.
Ma gli eccessi, se ci sono stati, si possono correggere; a maggior
ragione, oggi, con gli spazi di autogoverno e di autoregolazione consentiti
dall'autonomia. Il Regolamento (Dpr 275/99) ha "liberalizzato" la
composizione del team docente, sulla scia di quanto era avvenuto nell'ambito
del monitoraggio della riforma (si ricordi la circolare 116 del 1996).
Un team "ragionevole" può prevedere una pluralità limitata nei primi
anni, ad esempio, due docenti come nelle classi a tempo pieno, quasi a
presidiare le due grandi aree della conoscenza, quella del quaderno a righe
(le competenze logico-linguistico-espressive) e quella del quaderno a
quadretti (le competenze logico-critico-matematiche), che via via si
arricchiscono con l'intervento di altre figure, altre discipline, altre
opportunità, secondo un'ipotesi organizzativa che interpreta e accompagna lo
sviluppo del curricolo verticale, e che interagisce anche con la scuola
media (non solo nella realtà degli istituti comprensivi).
Un buon team di scuola elementare rappresenta un ambiente ideale per lo
sviluppo di una professionalità docente responsabile, che evita la
solitudine dell'insegnante (sia pur bravo) e lo impegna nella ideazione,
gestione e verifica di un progetto didattico condiviso. Insomma, il team
come indicatore di benessere "cognitivo" e "affettivo", per gli insegnanti e
(quindi) per i bambini.
E' importante che ad esprimersi in questo senso siano stati i genitori
che, interpellati dall'ISTAT nel dicembre 2001 (sondaggio pre-riforma) circa
l'eventuale ritorno del maestro unico, hanno mostrato di preferire per i
loro figli il lavoro a team degli insegnanti (il 60 % dei consensi).
Una volta tanto, una riforma che ha coinvolto e appassionato migliaia di
insegnanti in questi 15 anni, ottiene una controprova positiva ed una
convalida anche dagli utenti diretti e dalla società civile. Sarebbe un
errore che i decisori politici delle prossime riforme non ne tenessero
conto, per tornare -invece- ad un improbabile passato.
*in corso di pubblicazione su "Vita Scolastica", settembre 2002, rubrica:
Pianeta insegnanti, a cura di Giancarlo Cerini.