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Didattica di nuovo penalizzata, insegnare 24 Ore è solo punitivo

Fosse anche legittima, almeno per come è formulata, la norma è poi inapplicabile da un punto di vista organizzativo: che significa infatti sei ore in più alla settimana per coprire le supplenze e gli spezzoni di cattedra? Le prime non sono prevedibili a inizio anno, i secondi possono esserci o meno, né le une né gli altri sono uniformemente distribuiti, né per scuola né per classe di concorso

14/10/2012
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Corriere della sera

La disposizione contenuta nella legge di stabilità, che porterebbe da diciotto a ventiquattro ore l'orario di cattedra nella scuola secondaria ha come unica ragione il contenimento della spesa. Non solo «non ce lo chiede l'Europa», ma non ha niente che vedere con quanto succede in Europa, a dispetto delle frettolose e poco informate dichiarazioni del ministro: la media continentale si aggira infatti fra le sedici e le diciassette ore di cattedra, con punte in basso di quindici, per Paesi come Francia e Finlandia - quest'ultima in cima alle classifiche per rendimento dell'istruzione in tutte le indagini internazionali.
Tenuta celata agli stessi vertici dell'amministrazione, la norma è maturata repentinamente, senza ballons d'essai. È facile profezia prevederle altrettanto repentino naufragio. Sotto un profilo tecnico, come la si giri, fa acqua per ogni verso. Giuridicamente, pare quanto meno dubbio che, in regime di privatizzazione dei contratti del pubblico impiego, una legge possa disapplicare parti del contratto vigente. Fosse anche legittima, almeno per come è formulata, la norma è poi inapplicabile da un punto di vista organizzativo: che significa infatti sei ore in più alla settimana per coprire le supplenze e gli spezzoni di cattedra? Le prime non sono prevedibili a inizio anno, i secondi possono esserci o meno, né le une né gli altri sono uniformemente distribuiti, né per scuola né per classe di concorso.
Ma è il profilo politico quello più grave. Ancora una volta, invece di promuovere iniziative volte a valutare e a diversamente compensare chi lavora e chi finge di farlo, si trattano tutti allo stesso modo, con relativo vantaggio per i secondi e demotivazione dei primi. Insegnare bene richiede competenze fini, formazione continua, preparazione assidua e creativa. E tempo dedicato molto oltre l'orario di cattedra. Il messaggio che si avvalora è invece questo: primo, gli insegnanti sono impiegati che lavorano diciotto ore la settimana invece di trentasei; secondo, il loro lavoro è solo quello di stare in classe. Ma questa è una rappresentazione da chiacchiere al bar, altro che governo dei tecnici.
Paolo Ferratini


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