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De Mauro: «Il governo dei Professori ha deluso proprio sulla formazione»

I test consentono di capire l'andamento del sistema scolastico. Studenti migliori di quanto si immagini

19/06/2012
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Il Mattino

Antonio Manzo

«I test? Chi può mai avere tra le mani prove così oggettive e riscontri così nitidi per costruire, affinare decisioni politiche per il futuro della scuola italiana? Partiamo da un primo dato: questi ragazzi italiani tra i 6 e i 14 anni sono certamente migliori di quanto non abbia offerto loro la scuola italiana, quelli tra i 14 ed i 18 meno peggio di quanto ci aspettiamo. Il dramma è che sono generazioni vissute in uno sforzo autodidattico civile, prim’ancora che formativo».

Tullio De Mauro non è più solo uno dei più noti linguisti al mondo. Perchè, quando ha compiuto gli ottant’anni, nel marzo scorso, i suoi allievi lo hanno studiato ed approfondito come filosofo del linguaggio. A partire, dal primo lavoro che 47 anni fa segnò la fortuna scientifica del loro maestro: Introduzione alla semantica.

Professor De Mauro, qual è il suo giudizio sui testi Invalsi?

«Distinguiamo due livelli: come sono fatti questi test e in che condizioni vengono offerti. Buona o cattiva che sia, nell’ìdea c’è un dato positivo: che è quello di aver unificato le prove in tutte le scuole, secondo un target europeo, e che consente di capire l’andamento complessivo del sistema scolastico».

Servono alla didattica?

«No, la didattica è uno degli elementi valutativi, i test consentono di costruire altri tipi di valutazione».

Quali?

«Le risposte che è un grado di offrire una coorte di migliaia e migliaia di ragazzi di 14 anni. E ai fini di un indirizzo futuro di politica scolastica è davvero uno scenario credibilissimo».

Un elemento di novità, quindi?

«È troppo ottimista. Sulla scuola italiana c’è una gestione stanca di quel che resta del passato e la delusione dell’attuale Governo».

Ma è pur sempre un governo composto da molti Professori.

«Rispettabilissimi professori ma spesso slegati dal sentire comune sui temi della formazione scolastica pubblica. Molti di loro, infatti, arrivano dal mondo del’università privata».

Un professore che boccia i Professori?

«Sul tema della scuola sì. Sono stati una vera delusione»

Per quale motivo principale?

«In un tempo di crisi così profonda della società italiana l’investimento maggiore sarebbe dovuto essere sulla scuola . È nella scuole, chi governa la crisi, avrebbe dovuto rifondare la nuova energia intellettuale e morale di un Paese in crisi».

Torna un problema di classe dirigente?

«Certo. Si può essere anche professori preparati e stimati ma si arriva sempre da un ceto dirigente, come quello italiano, salvo eccezioni, che non ha mai avuto un’attenzione positiva allo sviluppo della scuola e di tutte le istituzioni che possono corroborare la cultura e farla diventare anche etica civile».

Un pò pesante come giudizio, non le pare?

«Realistico. Scusi, ma se è dal 1969 che aspettiamo una riforma della scuola secondaria superiore? Cioè ,un’attesa di 43 anni? Una generazione di italiani. Un lungo lasso di tempo, tranne il tentativo purtroppo rimasto sulla carta dell’allora ministro Berlinguer».

Così drastico sul futuro della scuola italiana?

«In questi giorni Hollande ha vinto in Franca anche sulla base di un programma che rilancia la scuola e la formazione, mettendo mano al bilancio dello Stato come priorità di spesa. Il vantaggio dell’istruzione finisce direttamente nellla creazione della ricchezza. Il miracolo economico italiano non è stato negli anni del dopoguerra solo un dato di Pil. È stato, innanzitutto, una grande rivoluzione culturale che ha avuto nella scuola pubblica italiana il punto di forza».


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