“Dannoso dare sufficienze a tutti si rinuncia ad orientare i ragazzi”

CRISTIANA SALVAGNI
«DEI voti troppo bassi in pagella, come 2 o 3, possono avere un effetto depressivo sull’alunno. Per questo nella prassi anche in Italia alcuni insegnati non mettono mai meno di 4». La professoressa Anna Maria Ajello è presidente dell’Invalsi, l’istituto che valuta il sistema dell’istruzione, e docente di psicologia dell’educazione all’università La Sapienza di Roma.
La valutazione, positiva o negativa, non aiuta comunque gli studenti a migliorare?
«Certo, non dare voti brutti non significa che non bisogna valutare. Ma che si può fare in modo diverso. I giudizi sono un modo per informare gli alunni del loro rendimento: se indicano ciò che va bene, ciò che va male e ciò che va migliorato non c’è il rischio di stigmatizzare comportamenti che
poi finiscono per etichettare i ragazzi con la tipica frase “non è portato per”.
Concretamente cosa significa: gli insegnanti come devono comportarsi?
«Faccio l’esempio di un caso che conosco. Una professoressa di italiano articola il voto per i temi in varie voci: ideazione, grammatica, proprietà del linguaggio e così via. Il fatto di sapere che in certi aspetti si è preparati e in altri meno dà agli alunni una direzione verso cui dirigere il miglioramento».
Dare la sufficienza a prescindere, come hanno proposto in Francia, non rischia di demotivare i ragazzi allo studio?
«Dare la sufficienza a tutti è inutile e dannoso perché si rinuncia all’idea che l’impegno produce un cambiamento positivo. L’importante è che l’alunno comprenda le ragioni del giudizio negativo e capisca cosa fare per diventare più bravo».