Dad a regime, pronto il piano Ma la ministra dimentica il contratto
Alle superiori sopperisce al distanziamento
Marco Nobilio
La didattica a distanza va a regime, ma la ministra dell'istruzione Lucia Azzolina dimentica il contratto. Il 7 agosto scorso il ministero dell'istruzione ha emanato le linee guida per frequentare le lezioni da casa via web (si veda il decreto 89/2020). Ma l'amministrazione centrale non ha ancora convocato i sindacati per scrivere le regole a cui dovranno attenersi i docenti e i dirigenti scolastici per darvi attuazione, così come previsto dal decreto-legge 22/2020. Il perimetro della didattica digitale è ormai definito e segue due direttrici: la didattica digitale integrata complementare e la didattica a distanza (Dad) in senso stretto. La prima è già in vigore nelle scuole superiori.
In pratica, nelle scuole dove non è stato possibile garantire il distanziamento, un gruppo di studenti, a rotazione, segue lezioni in collegamento via web stando a casa e facendo lo stesso orario degli alunni che seguono in presenza. La seconda è quella del lockdown. Che può essere anche parziale, riguardando anche una sola classe. Nel caso della Dad in senso stretto il ministero ha anche fissato gli orari.
Le lezioni saranno in modalità sincrona per tutto il gruppo classe e dovrà essere garantito un orario minimo: almeno 10 ore settimanali per le classi prime della primaria, almeno 15 per le scuole del primo ciclo (primarie, tranne le classi prime, e secondarie di primo grado), almeno 20 per il secondo grado. Ma ha omesso di fare riferimento alla contrattazione integrativa prevista dall'articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge 22/2020, convertito con la legge 41/2020, il quale prevede che la regolazione della didattica a distanza debba essere fatta oggetto di un contratto collettivo nazionale integrativo. E l'amministrazione non ha ancora avviato le trattative. Trattandosi di un mero contratto integrativo a costo zero, peraltro, l'avvio delle trattative non è vincolato alla previa emanazione di un vero e proprio atto di indirizzo. In questo caso, infatti, non si tratterebbe di innovare il contratto collettivo nazionale di lavoro, ma solo di aggiungere delle disposizioni di dettaglio per regolare lo svolgimento ordinario della prestazione a distanza.
Le linee guida del 6 agosto, dunque, in assenza della prevista regolazione contrattuale, sembrerebbero prive del necessario requisito di effettività. Il ministero, peraltro, nelle linee guida ha omesso di operare alcun rinvio alla norma di legge che demanda al tavolo negoziale integrativo la regolazione della Dad. Ed ha fatto espresso riferimento al contratto nazionale, per quanto riguarda l'orario di lavoro, senza tenere in alcun conto gli oneri aggiuntivi che comporta l'erogazione della prestazione di insegnamento a distanza.
L'amministrazione centrale ha disposto, infatti, che, fermo restando l'orario di servizio settimanale dei docenti stabilito dal contratto, il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal collegio docenti, dovrà predisporre l'orario delle attività educative e didattiche con la quota oraria che ciascun docente dedicherà alla didattica digitale integrata, avendo cura di assicurare adeguato spazio settimanale a tutte le discipline sia che la didattica digitale integrale sia scelta come modalità complementare alla didattica in presenza, sia che essa costituisca lo strumento esclusivo derivante da nuove condizioni epidemiologiche rilevanti. Nella strutturazione dell'orario settimanale in didattica digitale integrata sarà possibile fare ricorso alle forme di flessibilità didattica e organizzativa previste dal regolamento dell'autonomia scolastica. Il decreto 89/90, il cui allegato è costituito dalle linee guida, affronta anche il problema della individuazione delle piattaforme informatiche per la Dad. Ma senza impartire precise direttive.
La questione, dunque, resta aperta, in attesa che il legislatore o il ministero dell'istruzione provvedano a riempire, almeno parzialmente, un vuoto normativo censurato a vario titolo, dalla Cassazione, dall'Inail e dal Garante della privacy. Durante il lockdown, infatti, la didattica a distanza è stata svolta utilizzando vari mezzi comunque privi, del tutto o in parte, di copertura legale. Diverse scuole hanno utilizzato il registro elettronico. Sul quale però la Cassazione si era pronunciata l'anno scorso ponendo in evidenza la non obbligatorietà a causa dell'assenza del necessario regolamento di attuazione previsto dalla legge che lo ha istituito (sezione penale, sentenza 47241/ 2019).
E l'Inail, citando la sentenza 3476/94 delle Sezioni unite, aveva comunque evidenziato la necessità che, a fronte dell'utilizzo di apparecchiature informatiche, fosse necessario prevedere un ampliamento delle tutele assicurative nei confronti dei docenti. Infine, il Garante della privacy, il 4 maggio scorso, aveva scritto una lettera alla ministra dell'istruzione, Lucia Azzolina, ponendo in evidenza l'inadeguatezza delle piattaforme in uso, non adatte a garantire la riservatezza ed evidenziando l'assenza del regolamento di attuazione sul registro elettronico, comunque da preferire alle piattaforme.