da Fuoriregistro-Confessioni di un eretico hi-tech
Confessioni di un eretico hi-tech di Sergio Pennacchietti - 26-02-2002 Il titolo riprende quello del bel saggio dell'astronomo americano, uno dei padri di Internet Clifford Stoll, Confess...
Confessioni di un eretico hi-tech
di Sergio Pennacchietti - 26-02-2002
Il titolo riprende quello del bel saggio dell'astronomo americano, uno dei padri di Internet Clifford Stoll, Confessioni di un eretico hi-tech. Perché i computer nelle scuole non servono, TO, Garzanti, 2001
Il progetto di riforma Moratti intende realizzare (qualcuno aveva dei dubbi?) le poche, ma chiare, idee enunciate nella famosa ricetta delle 'tre i', pubblicizzata a suo tempo nei manifesti preelettorali di Berlusconi. Ricordate? 'Inglese, Internet, Impresa' (non ricordo bene l'ordine degli addendi, ma tanto il risultato non cambia').
Scorrendo infatti gli articoli della Delega al Governo, possiamo verificare la centralità di queste 'I'. Mi soffermerò solo sull'informatica e su internet, che (insieme alle lingue straniere) sono gli unici contenuti didattici esplicitati nello scarno e generico documento.
Si parla (art.2 punto f) di 'alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche' fin nella scuola primaria (dai 5 anni e mezzo, quindi) e a proposito della scuola secondaria di primo grado si dice che 'cura l'approfondimento nelle tecnologie informatiche'.
Per quanto riguarda il secondo ciclo, si dice che esso: ' '.è finalizzato a sviluppare l'autonoma capacità di giudizio e l'esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale ambito [sic!], viene curato lo sviluppo delle conoscenze relative all'uso delle tecnologie informatiche e delle reti''.
In realtà questa centralità dell'informatica e della rete nell'attività scolastica era già stata sostenuta (seppur in maniera meno invasiva) da vari ministri, in particolare da Berlinguer.
Credo sia proprio giunto il momento di aprire un dibattito di valutazione critica di quello che è stata l'invasione dei computer nelle scuole, anche per prepararci a difendere la scuola da tutto ciò.
Tutti conosciamo i costi di questa ormai decennale operazione di informatizzazione della didattica, propagandata 'culturalmente' dai vari Maragliano e sostenuta certamente dalle potenti multinazionali dell'informatica. I docenti sono stati bombardati da corsi di aggiornamento, pressioni di ogni tipo (la scuola non va? E' colpa della didattica antiquata! La soluzione del successo formativo? Il computer, la multimedialità, gli ipertesti!).
I pochi insegnanti che hanno fatto resistenza sono stati costretti a sentirsi irrimediabilmente vecchi, incapaci di modernizzarsi.
Per quanto mi riguarda sono stato tra quelli che '#8211; a partire da una sensazione di oggettiva difficoltà a dare risposte al problema dell'efficacia della didattica '#8211; mi sono buttato con entusiasmo nella novità. Ho costruito con i miei studenti ipertesti, ho utilizzato internet, ho fatto lezioni con i Cd-rom. La mia scuola (un liceo scientifico) ha acquistato ben tre laboratori di informatica, utilizzati dagli insegnanti di matematica (Piano Nazionale per l'Informatica), dai colleghi di lingue, da molti insegnanti di altre materie.
Ma in questi ultimi anni mi sembra che l'entusiasmo (non solo a me) stia progressivamente calando, e non credo solo perché si è scoperto che l'utilizzo di queste macchine porta via al docente un sacco di tempo. Sempre più colleghi scoprono che gli studenti dal computer ricevono assai pochi stimoli a ragionare (si accontentano di verificare che '#8211; chissà come '#8211; il programma fa così bene i grafici al posto loro, che nella rete trovi davvero tutto (ma chi insegna a distinguere la qualità dell'informazione?) con grande facilità (oh, come sono belle queste tesine multimediali').
Eppure ancora oggi studiosi di ogni genere ci bombardano con idee peregrine, tipo quella dell' 'apprendimento incidentale', che consisterebbe nel fenomeno miracoloso per cui si acquisiscono conoscenze senza accorgersene, saltando di qua e di là con il click del mouse (è più o meno il meccanismo su cui si basa la forza della pubblicità).
Ho però la sensazione che stia affiorando in più d'un docente la convinzione che non bastino più i facili slogan o le affermazioni assiomatiche, ma occorra appunto 'aprire un dibattito critico' su tutta l'operazione, che ci ha travolto senza darci il tempo di riflettere e sia quindi ora di valutare tutta la vicenda, fuori dagli acritici entusiasmi pionieristici e, soprattutto, con in mano i risultati delle nostre seppur parziali esperienze dirette.
Il clima certo non è dei migliori: discorsi come questi possono apparire eretici a chi, astrattamente e/o da pedagogista, continua a diffondere ('astuto o folle') le magnifiche sorti e progressive della scuola rinnovata dall'informatica.
Per parte mia consiglio la lettura del libro di Stoll (Confessioni di un eretico hi-tech), che '#8211; analizzando la realtà degli U.S.A. - smitizza con argomenti convincenti i grandi discorsi sull'utilità di questi strumenti nelle scuole, arrivando più che altro a mostrare quali possono essere i danni di una didattica impostata su queste macchine.
Ci sarà qualcuno '#8211; mi chiedo - che organizzi incontri, dibattiti, questa volta non solo propagandistici, su questi argomenti? O si tratta di argomenti 'tabù', visti gli interessi che sono in gioco?
Certamente ho presente le possibili accuse: ecco il solito insegnante conservatore che criminalizza l'uso dei computer (come qualcuno ancora fa della televisione): in realtà io sono ben convinto dell'utilità dell'informatica nella nostra società: quello che non condivido è che venga considerato importante dedicare ore ed ore di scuola (ovviamente non mi riferisco a scuole di tipo tecnico, né tantomeno professionali) per imparare quello che ciascuno può imparare facilmente e in poco tempo fuori dalla scuola (ad esempio ad usare word oppure excel). Ben altre cose '#8211; a mio parere '#8211; andrebbero fatte a scuola: penso ancora ad un idea di scuola primaria dove si impari a scrivere con la penna, si facciano i calcoli con le dita delle mani, ecc. e più in generale penso ad una scuola come luogo di formazione'
Sergio Pennacchietti
Liceo 'E.Vittorini' - Milano