Da domani in classe sei milioni di alunni Resta aperto il nodo delle superiori
Per Francesco Sinopoli (Cgil) è la «solita risposta differenziata» determinata dal fatto che la riapertura delle scuole «sembra più un atto volontaristico del governo che una scelta consapevole accompagnata da misure concrete utili a far proseguire le scuole in presenza»
Valentina Santarpia
Roma A parte il rebus della Puglia, tornano in classe domani sei milioni di studenti, dalle scuole dell’infanzia fino alla prima media, di tutta Italia. Un segnale di ripresa che il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha fortemente caldeggiato. Gli studenti delle Superiori per ora restano in didattica a distanza, o integrata che dir si voglia, nelle regioni rosse: Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Toscana e Valle d’Aosta. Mentre si adotteranno forme flessibili nell’organizzazione didattica — con la presenza che può variare dal 50 al 75% — nelle regioni arancioni: Abruzzo, Basilicata, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto e le Province autonome di Bolzano e Trento. Ma l’obiettivo è far rientrare tutti prima della fine dell’anno scolastico.
Entra nel vivo così il piano «scuola prioritaria» del premier Mario Draghi, che con il decreto del primo aprile ha stabilito che neanche i governatori potranno più chiudere le scuole, fatte salve le deroghe che potranno essere adottate sentite le competenti autorità sanitarie. Ed è proprio ad una di queste deroghe che si è appellato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, stabilendo con un’ordinanza che le famiglie degli studenti di ogni ordine e grado potranno scegliere se mandare i propri figli a scuola o tenerli a casa. Provvedimento che ha scatenato le proteste del Codacons e di Forza Italia, e che non è stato accolto bene neanche dai sindacati: «Fuori da ogni senno lasciar decidere le famiglie — dice Maddalena Gissi, Cisl —. Sappiamo che la scuola, per la platea che muove, può essere a rischio contagi: ma è per questo che dobbiamo aprirla e tenere chiuso il resto. Se dal primo giorno ci fosse stata una capacità di discernere tra bene delle future generazioni e interessi di natura economica, avremmo avuto una scuola sempre aperta». Per Francesco Sinopoli (Cgil) è la «solita risposta differenziata» determinata dal fatto che la riapertura delle scuole «sembra più un atto volontaristico del governo che una scelta consapevole accompagnata da misure concrete utili a far proseguire le scuole in presenza». Dubbi li esprime anche Pino Turi (Uil): «Sulla riapertura c’è ancora confusione, con Presidenti di Regione che vanno controcorrente. Manca il tracciamento, niente depuratori di aria, niente tamponi rapidi, niente presìdi sanitari. Resta solo la vaccinazione a tappeto». Da viale Trastevere fanno sapere che si punta moltissimo sulla vaccinazione: finora il 68% del personale ha ricevuto la prima dose. E la scorsa settimana sono arrivati in media a ciascuna scuola 18 mila euro per acquisti legati al Covid, tra cui impianti di aerazione, servizi di tracciamento e psicologici.
Basteranno a riaprire anche le Superiori? «Sarebbe un segnale importante — dice Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi —. Ma se riapriamo tutto c’è il problema dell’indotto e anche dei mezzi di trasporto: non è stato fatto quasi niente». Sui test salivari rapidi il ministero è in fase di interlocuzione con il Commissario all’emergenza. Si stanno studiando ipotesi, ma non c’è niente di concreto. La data di riapertura dei licei resta legata al monitoraggio dell’Istituto superiore di Sanità: il ministro Bianchi incontra ogni settimana sia i tecnici dell’Iss che il commissario Francesco Paolo Figliuolo per fare il punto.
L’ordinanza in Puglia
Emiliano lascia libertà di scelta alle famiglie. Sindacati, Codacons e Forza Italia: «Decisione senza senso»
Non appena le regioni oggi rosse passeranno in arancione, grazie al calo dei contagi e alla minore pressione sugli ospedali, le porte degli Istituti superiori di secondo grado potranno riaprirsi. Anche se solo a metà.