Covid, il contagio schizza al 18%: dubbi degli esperti sul ritorno a scuola, Regioni allarmate chiedono udienza al Governo
Il punto
Alessandro Giuliani
Cala il numero di nuovi positivi al Covid, ma solo perché i tamponi si dimezzano. E preoccupa il tasso di contagio, che schizza quasi al 18% (per l’esattezza al 17,6%). Una percentuale quasi doppia rispetto a quella dell’ultimo periodo, fanno notare gli esperti, che se confermata pure nei prossimi giorni potrebbe indurre il Governo a introdurre nuove restrizioni nel nuovo Dpcm che subentrerà a quello in scadenza il 15 gennaio.
Bonaccini: ci sono ancora rischi
Il dato non sfugge ai governatori, che in serata sono arrivati a chiedere un incontro urgente con il governo: “Io credo sarebbe giusto che il Governo nelle prossime ore ci riconvocasse e insieme prendessimo una decisione, in maniera molto laica”, ha dichiarato il presidente della Conferenza delle Regioni e dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, intervistato dal Tg3.
“Se c’è preoccupazione, diffusa nel Paese, che questa possa comportare ancora un rischio, alla luce dei numeri che ci sono, eventualmente ci si ritrova e si discute. E capiamo – ha continuato Bonaccini – anche il Governo cosa ritiene, visto che ho sentito anche voci che provengono da esperti che il Governo utilizza per prendere decisioni che poi riguardano la parte scientifica”.
La prudenza degli esperti
E se si guarda a questo versante c’è poco da stare tranquilli. Secondo un’indagine quantitativa elaborata dallo statistico Livio Fenga “gli effetti del Dpcm del 24 ottobre sono ormai esauriti e in tutta Italia la curva dell’epidemia di Covid-19 sta tornando a salire: sono almeno 14 le regioni in cui le stime indicano una ripresa dei casi a partire dal Veneto.
Anche per il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Cnr, in questo ultimo periodo è incrementata “notevolmente la circolazione del virus in Italia e inizia ad aumentare di conseguenza la pressione sulle unità di terapia intensiva, in una situazione critica, nella quale gli eventuali effetti dei provvedimenti adottati prima di Natale potranno essere visibili solo a ridosso del 7 gennaio, data della possibile riapertura delle scuole”.
Pure il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha detto che bisogna “mantenere inalterate per la scuola le misure di salvaguardia e prudenza attuate prima e di aspettare almeno la seconda settimana di gennaio”.
Azzolina: non possiamo arrenderci
Dal canto suo, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, commentando lo scioglimento del Cspi, giunto al termine del suo mandato, ha detto che “non possiamo arrenderci e dobbiamo, ciascuno degli attori coinvolti, operare uniti, ricordandoci sempre del peso specifico che questa Istituzione ha nel percorso di ogni bambina e bambino”.
“Arretrare sulla scuola, significa rinunciare a un pezzo significativo del nostro avvenire”, ha concluso Azzolina.
Regione Puglia: inevitabili rischi
Le Regioni, però, non sembrano allineate. Alle preoccupazioni del Lazio, si sono aggiunte quelle della Puglia, dove il governatore Michele Emiliano vuole continuare a dare la possibilità agli studenti di tutte le scuole pugliesi e alle loro famiglie, di scegliere la didattica a distanza anche dal 7 gennaio.
“In tempo di pandemia – fanno sapere dalla Regione – si ritiene che le famiglie debbano poter decidere di non esporsi ai rischi derivanti dalla frequenza obbligatoria a scuola”.
Un incontro “urgentissimo” con il presidente della Regione Michele Emiliano, e gli assessori alla Sanità, Trasporti e istruzione, è stato chiesto dall’Anp Puglia in vista della conclusione delle attività dei vari tavoli di “coordinamento” istituiti dall’ultimo DPCM presso le prefetture per regolare la ripresa delle attività nelle scuole superiori.
Il presidente, Roberto Romito, parla di “delusione e forte preoccupazione” per il fatto che i tavoli in prefettura hanno “preso atto della sostanziale rigidità dell’offerta (dei trasporti, ndr) e, quindi, hanno scaricato sulle scuole l’onere esclusivo di modificare la propria domanda attraverso la diversificazione in due turni degli orari di ingresso e di uscita”.
“Non ci sono le condizioni di sicurezza per tornare a scuola il 7 gennaio e i trasporti non danno garanzie”, ha aggiunto sostiene Gianni Verga, segretario generale della Uil Scuola Puglia.
“Nonostante il cambio di guardia – ha detto ancora – continua sulla stessa linea di scarsa considerazione del sistema scuola e dei loro attori, con notizie frammentate e tanti tavoli inutili, ora anche con le prefetture”.
In Campania rientro per cicli
In Campania la Giunta regionale, guidata da Vincenzo De Luca, ha concordato con i sindacati un rientro per passi successivi, con un monitoraggio costante della curva dei contagi: il 7 gennaio è previsto il ritorno in classe delle prime e le seconde della primaria, che già frequentavano in presenza prima di Natale. Poi, dall’11 gennaio si attuerà la riapertura di tutte le classi”.
Sempre in Campania, dal 18 gennaio sarà la volta delle tre le classi delle medie e dal lunedì 25 degli studenti delle superiori.
Zaia (Veneto): aula terreno di coltura del virus
Per il Veneto ha parlato il governatore Luca Zaia: in un’intervista a La Repubblica si è detto “molto perplesso sull’opportunità di riaprire le scuole dal 7”, perché “un’aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura del virus, che poi si propaga sui bus e fuori dagli istituti. Ho chiesto al nostro dipartimento di prevenzione di elaborare delle valutazioni sul da farsi”.
Secondo Zaia, i dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità non “fanno stare tranquilli”. In Veneto “il virus si fa sentire, non dobbiamo banalizzare il momento, tanto meno abbassare la guardia”.
Adesso “la pressione ospedaliera è alta. Abbiamo 3.400 ricoverati, dei quali 400 in terapia intensiva”.
Zaia manda un messaggio anche a Conte: “la soluzione migliore in caso di crisi è il ritorno al voto, serve un esecutivo davvero legittimato. E le elezioni si possono tenere anche in piena campagna vaccinale”.
Razza (Sicilia): limitare accesso ai mezzi pubblici
Anche in Sicilia prevale la cautela: l’assessore alla salute della Regione siciliana Ruggero Razza ha detto al ‘Giornale di Sicilia’ che occorre “introdurre limitazioni di alcune attività per chi non è vaccinato. E’ una mossa ragionevole e ha già avuto successo con i vaccini per i bambini”.
“Si può limitare – ha continuato – l’accesso a luoghi come palestre, piscine, stadi oppure si può impedire di viaggiare, entrare in uffici, salire a bordo di mezzi pubblici a chi non dimostra di essere immune”, quindi anche agli studenti.
Giannelli (Anp): 50% studenti superiori fino al 31
Alla preoccupazione dei presidenti delle Regioni si aggiunge quella dei presidi: secondo Antonello Giannelli, presidente nazionale Anp, riprendere il 7 gennaio per le superiori con il 50% a distanza e al 50% in presenza per la prima settimana e poi al 75% “è irrealistico”.
Per il leader Anp bisognava puntare ad “un piano Marshall per la scuola” e siccome non c’è stato bisogna “tener conto di tutte le giuste esigenze di docenti e personale: quindi auspichiamo di continuare al 50% fino alla fine di gennaio”.
Gelmini (FI): non è stato fatto nulla
In questa situazione, le opposizioni politiche affondano il colpo. L’ex ministra Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha detto che “a 5 giorni dalla ripresa delle attività didattiche, in uno scenario pandemico purtroppo ancora poco rassicurante, ci chiediamo su quali basi il Ministro Azzolina abbia fondato la sua granitica certezza”.
“Non può farlo sulla base dei dati sui contagi, visto che non sappiamo quale sarà la curva al 7 gennaio, non può farlo sulla base di interventi e migliorie apportate alle nostre scuole o ai trasporti pubblici, perché non è stato fatto nulla o quasi”, ha concluso Gelmini.
Sasso (Lega): quello che bisognava fare
Il leghista Rossano Sasso, membro della Commissione Cultura alla Camera, ricorda quello che bisognava fare: “ridurre il numero di alunni per classe per garantire effettivo distanziamento ed eliminare le classi pollaio, dotare le scuole di impianti di ventilazione meccanica ed aerazione, ai fini del contrasto alla diffusione del virus per via aerosol ed infine prevedere ogni 15 giorni l’esecuzione di test antigenici rapidi per studenti e lavoratori, mediante istituzione di un presidio sanitario fisso in ogni scuola”.
Per Sasso, “la Azzolina non può rischiare sulla pelle e sulla salute di studenti e professori”.
Alla Calvino di Torino tutti in presenza
Intanto, però, ci sono scuole che guardano alla sicura didattica in presenza: “Dal 7 gennaio tutte le classi dell’Istituto, comprese le seconde e terze della secondaria, rientreranno in presenza con orario regolare”, si legge nella circolare di Lorenza Patriarca, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo ‘Niccolò Tommaseo’ di Torino di cui fa parte anche la scuola media ‘Italo Calvino’, da dove è partita la protesta contro la Dad.
“Si tratta di una condizione – si legge nella circolare – che tutti dobbiamo contribuire a preservare, garantendo comportamenti prudenti dentro e fuori dalla scuola. Raccomando pertanto di limitare all’essenziale i contatti con le altre persone, di osservare sempre il distanziamento, di indossare la mascherina e di assicurare una continua e accurata igiene delle mani e degli ambienti che frequentiamo”.
Si è detta felice Anita, l’alunna della Calvino, uno dei simboli della protesta contro la didattica a distanza: “Sono contenta che si rientri a scuola, sperando che questa decisione duri perché fino ad oggi abbiamo assistito a tante parole ma pochi fatti”.