Corriere: «Università pagata ai primi mille in Italia»
Idea della Gelmini dal 2010. Scelta del ministero
Il progetto Adesso chi ha ottenuto il punteggio massimo riceve mille euro
ROMA — Tasse universitarie pagate, dall’immatricolazione alla laurea, per mille campioni della maturità. Il monte premi dell’esame di Stato potrebbe aumentare di quasi quattro volte a partire dal 2010. Non è che al ministro dell’Istruzione, l’idea di Fioroni di premiare l’eccellenza — un assegno da mille euro ai superbravi che hanno ottenuto il 100 e lode — dispiaccia. Però vuole andare oltre.
Per la Gelmini quel «bonus» distribuito «a pioggia», a giudizio insindacabile delle commissioni, senza nessuna verifica sull’utilizzo effettivo che ne viene fatto (dovrebbe servire per acquistare libri, sussidi didattici o finanziare viaggi d’istruzione, ma nessuno controlla) non basta più. Va sostituito con qualcosa in grado di sostenere adeguatamente il proseguimento degli studi. Invece di distribuire 1000 euro a 3500-4000 ragazzi, meglio restringere il numero degli «eccellenti » garantendo a ciascuno dei nuovi «campioni» una dote in grado di accompagnarli fino alla laurea senza problemi.
«La meritocrazia è la più alta forma di democrazia — ha detto il ministro Gelmini —. Purtroppo l’appiattimento verso il basso avviato dal ’68 fa sentire ancora i suoi effetti disastrosi». «Questa — ha aggiunto — è la prima di una serie di iniziative che riguarderanno il merito e il diritto allo studio universitario ».
Per ora si tratta solo di un’idea che dovrà essere trasformata in una direttiva. Ma i punti essenziali sono già stati fissati. Per cominciare non saranno le commissioni della maturità a decidere chi dovrà essere premiato. Sarà una commissione ministeriale a scegliere i mille campioni della maturità valutando le prime e seconde prove scritte che hanno superato una scrematura a livello regionale.
Probabilmente si dovrà anche tenere conto dei diversi indirizzi dell’esame di Stato, stabilendo per ciascuno delle quote. A partire dalla maturità 2011, se verrà introdotta la terza prova scritta gestita dall’Invalsi, la cosiddetta prova oggettiva, non è escluso che quei risultati potranno avere un peso determinante nella formazione della graduatoria. Anche se non c’è alcun commento ufficiale da parte del ministro Gelmini, nei corridoi di viale Trastevere non sono mancate neppure questa volta — il cento e lode è stato introdotto nel 2007 dall’ex ministro Fioroni con l’obiettivo di accrescere nelle scuole il prestigio di chi studia — battute ironiche sulla distribuzione geografica dell’eccellenza, concentrata al Sud. È evidente, anche al di là dei licei meridionali — non mancano altri esempi — che i criteri con cui si attribuisce oggi il 100 e lode sono in molti casi discutibili. L’idea della commissione nazionale, il possibile ricorso a criteri di valutazione più oggettivi, dovrebbero liberare le scuole e i professori da pressioni ambientali che finiscono per togliere credibilità all’esame di Stato.
L’idea di non far pagare le tasse universitarie ai mille campioni della maturità, soprattutto se accompagnata da altre misure di sostegno, potrebbe produrre anche qualche minimo effetto positivo sulla mobilità, uno dei più grossi problemi del nostro sistema, dove spesso si passa dall’esame di terza media alla discussione della tesi di laurea senza varcare i confini del comune o della provincia. Il riconoscimento del merito — sei bravissimo e quindi non paghi le tasse universitarie — rappresenta, anche se con effetti limitati a mille studenti, un’inversione di tendenza. In molti atenei il vento sta cambiando. L’eccellenza, le qualità individuali cominciano a essere rivalutate rispetto al peso che il reddito ha sempre avuto nel diritto allo studio.
Oggi la principale difficoltà che incontrano le università nello sforzo di sostenere i ragazzi meritevoli ma provenienti da famiglie poco abbienti consiste proprio nell’accertamento del reddito reale, impresa se non impossibile molto complicata di fronte a certe categorie. Il risultato è che il figlio dell’operaio e dell’impiegato statale, nonostante la busta paga dei genitori, finisce quasi sempre nella categoria dei «ricchi» e non ha diritto a nulla o quasi.