Corriere: Università e ricerca: riforme risolutive
Dopo un anno, notiamo con delusione che nessuno dei buoni propositi del Governo a favore di università e ricerca è stato realizzato
Dopo un anno, notiamo con delusione che nessuno dei buoni propositi del Governo a favore di università e ricerca è stato realizzato. I fondi per la ricerca pubblica sono sempre carenti e le sbandierate riforme sono «imbalsamate» da nuove normative la cui discussione sta creando una fase di stallo. La finanziaria ha destinato solo 300 milioni di euro come incentivo alla ricerca pubblica e ben 700 milioni a quella delle imprese. E' la cronica miopia dei governanti che da sempre trascurano la ricerca di base, che è il vero motore del progresso scientifico e tecnologico. Il bando per i progetti ministeriali Prin (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale), una delle poche fonti di finanziamento per la ricerca di base, è bloccato da mesi. Le cause sono almeno due: il ritardo nella definitiva approvazione del budget da parte del ministro e la presenza di un cavillo burocratico «sfuggito» ai tecnici del ministero, ma non alla Corte dei Conti. Dopo un lungo «balletto» durato mesi tutto rischia di andare in malora. In politica questo sarà anche normale, ma la ricerca scientifica è un'attività seria, soggetta a forte competizione internazionale e la sua interruzione per mancanza di fondi, anche per un solo anno, può comportare ritardi e danni irreversibili, compromettendo il lavoro di migliaia di gruppi e il futuro di decine di migliaia di giovani. E' questo il risultato che si vuole ottenere?
Sul fronte reclutamento e concorsi, le cose non vanno meglio. Le chiamate dirette per quei «cervelli» meritevoli, che non devono però trasformarsi in ennesime sanatorie, sono congelate. I concorsi di associato ed ordinario sono fermi per effetto della legge Moratti, che non è stata ancora modificata, mentre i concorsi per 2000 posti di ricercatore non sono stati banditi, perché è ancora in fase di discussione il nuovo regolamento che appare complesso e farraginoso. Basti sapere che si prevedono due fasi e due diverse commissioni, una esterna agli atenei e l'altra interna, per un totale di ben 14 commissari tutti scelti tra i professori ordinari, come se associati e ricercatori non fossero più in grado di valutare un aspirante collega. La nuova «macchina concorsuale» parte già con difetti di fabbrica. E' un compromesso tra concorsi locali e nazionali, che difficilmente estirperà localismo e nepotismo, in quanto conserva più o meno gli stessi protagonisti che controllano i concorsi da decenni. Sarebbe meglio snellire la procedura con una fase unica di valutazione espletata da una commissione nazionale di esperti stranieri, autorevoli e svincolati da baronie locali. Si otterrebbe, così, una «lista aperta» di idonei da cui i vari Atenei potrebbero «pescare» gli elementi che preferiscono sulla base delle competenze scientifiche. Il cambiamento di sistemi complessi, richiede una fase preliminare di studio e consultazione che preveda e corregga gli effetti indesiderati. E' auspicabile che il ministro Mussi, instauri un dialogo produttivo con chi fa didattica e ricerca nelle università e negli enti pubblici, per attuare in tempi brevi riforme risolutive , volte a rifondare un codice etico a vantaggio del merito.
Margherita Hack
Francesca Matteucci Ordinario di astronomia, Università di Trieste
Patrizio Dimitri Laboratorio di genomica funzionale Università «La Sapienza» di Roma