Corriere: «Una tradizione da recuperare Con passione»
Gianfelice Rocca, a capo della Techint e vicepresidente di Confindustria per l'Education
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Gianfelice Rocca
«In epoca di profonda crisi del capitalismo finanziario non ci sono scorciatoie, bisogna rafforzare la competitività industriale puntando sulla nostra tradizione meccanica, tessile, chimica, alimentare. Ricordiamolo: dove c'è industria c'è export. E occupazione». E visto che «non si vive di soli laureati», gli istituti tecnici sono «la cura anti-recessione». Ne è convinto Gianfelice Rocca, a capo della Techint e vicepresidente di Confindustria per l'Education: «Sono una scelta di libertà ».
Liberi di andare subito a lavorare?
«O di iscriversi all'università. Succede nel 54 per cento dei casi».
Anche se i genitori preferiscono il liceo?
«Per alcuni anni è stato così, ma nel 2008 c'è stata un'inversione di tendenza, i tecnici sono tornati a crescere. Si sta riscoprendo la concretezza. Bisogna abbandonare il genericismo che spinge tutti a fare il classico o lo scientifico».
Facile a dirsi, difficile a farsi. Qualche ricetta?
«Basterebbe ritrovare nella scuola filoni di passione. L'amore per il latino e il greco se si va al classico, la matematica allo scientifico, i laboratori e la tecnologia nel caso degli istituti tecnici, i mestieri per i professionali. Serve un'identità forte negli indirizzi».
Non la qualità?
«Ovviamente, ciascun filone con qualità. Ma le eccellenze ci sono, non è necessario ripartire da zero. Basta recuperare la nostra grandissima tradizione tecnica, rilucidare qualcosa che già c'è. Dare luce al nostro doblone».
E come si fa a convincere le mamme italiane a mandare i loro figli al tecnico quando la maggior parte degli iscritti nel futuro sarà straniera?
«Dicendo loro che gli stranieri possono essere gli studenti e i compagni migliori. Spesso i figli di extracomunitari non si possono permettere di scaldare la sedia. Chiedono alla scuola concretezza e valori».
Lei ha parlato di tradizione tecnica. Come si torna ai fasti del passato?
«Recuperando quello che di buono c'era una volta. Per esempio: fino agli anni Settanta i grandi imprenditori facevano parte di consigli di amministrazione degli istituti tecnici».
Allude alle fondazioni? E chi lo dice ai presidi?
«Sarebbero loro i primi a essere entusiasti di questo passaggio. Guardi che costruire organi di governo con la società civile è assolutamente possibile. Liberiamo le energie».
Cosa pensa del riordino dei tecnici voluto dal ministero?
«Penso che il ministro Mariastella Gelmini, che non a caso viene da una zona industriale come Brescia, abbia fatto bene a riconfermare la commissione De Toni istituita dal governo Prodi. Forse è davvero possibile una riforma bipartisan su un tema così importante».
A. Sac.