Corriere: Studiare conviene. Più dei Bot
Bankitalia: l’istruzione è un investimento che dà fino al 9 per cento
La ricerca. Maggiore possibilità di trovare un lavoro, stipendi migliori. E ci guadagna anche lo Stato
ROMA — Investire in Istruzione conviene. Alle famiglie e allo Stato. Prendiamo due genitori che si arrovellano per trovare uno 0,50 in più di rendimento per i loro risparmi. Non sanno che il vero affare lo possono realizzare investendo sul futuro dei propri figli. Un buon diploma e una buona laurea significano maggiori probabilità di un trovare un’occupazione e anche salari più elevati. Il ritorno? Più dell’8 per cento del capitale investito per ciascun anno di istruzione. Al Sud il rendimento sale al 9 per cento. Grazie al bistrattato «foglio di carta». Altro che bot e azioni.
Per lo Stato il rendimento avviene in termini di maggior gettito fiscale e di minori costi per l’assistenza ai disoccupati. Siamo sul 3,9-4,8 per cento. In tempi di vacche magre per i conti pubblici non è poco. È quanto emerge dallo studio «I rendimenti dell’istruzione», realizzato dagli economisti Federico Cingano e Piero Cipollone per Bankitalia. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che deve fare i conti con i tagli di Tremonti, è d’accordo: «Il modo migliore per rispondere alla crisi è prendere atto che siamo nella società della conoscenza, e dunque occorre attrezzarsi».
Il rendimento medio privato di un anno di istruzione, è scritto nello studio di Bankitalia, varia tra l’8,4 e il 9,1 per cento, a seconda delle macroaree. Il ritorno economico più elevato è al Sud. Qui per le donne si arriva al 9,4%. Nel periodo 1950-2000, ci ricorda la ricerca, la media annuale del rendimento reale lordo di un investimento azionario è stata del 5,2 per cento, quella del rendimento dei titoli non azionari (dai Bot ai bond societari) dell’1,9, infine quello del portafoglio di un investitore «tipo» del 3,6.
Meglio investire nell’istruzione, dunque. Anche se c’è ancora molto da fare. Sia per lo Stato che per le famiglie. Nella scuola superiore il tasso di diplomati è vicino alla media europea, tuttavia un 20 per cento di ragazzi si ferma prima. Un altro 40 va avanti con difficoltà. All’università invece la produzione di laureati è decisamente inferiore alla media Ue.
Giulio Benedetti