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Corriere: «Statali e private, serve la parità economica»

L’incontro Il ministro Gelmini a Rimini: dobbiamo studiare come superare questa contrapposizione

29/08/2009
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Corriere della sera

DAL NOSTRO INVIATO
RIMINI — Per tre giorni e mezzo Mariastella Gelmini ha attraversato gli ampi spazi del meeting di Comunione e liberazione con quei suoi pas­si brevi e la schiena dritta e il sorriso accennato.
Il ministro della Pubblica istruzione è cattolica di rito bresciano, nel senso che ten­de a praticare riservatamen­te. Non è abituata alla condi­visione affollata di Cl e del meeting. Ma alla fine, men­tre fuori, per l’Italia, presidi e precari l’attaccavano, qui alla Fiera ha raccolto applausi, an­che perché si è molto spesa per la scuola paritaria, caval­lo di battaglia di Cl e della Compagnia delle Opere: «Quella fra scuola statale e scuola paritaria — ha detto il ministro ieri pomeriggio — è una contrapposizione del ’900. Ci sono scuole buone e scuole pessime in entrambi i campi. Dobbiamo dare alle fa­miglie le informazioni per­ché possano applicare la libe­ra scelta. Certo, oggi manca la parità economica tra stata­li e paritarie, dobbiamo stu­diare come superarla...».
Al mattino Gelmini aveva partecipato a un incontro sul­l’università, parlando di «cul­tura della valutazione». Il di­battito del pomeriggio si ri­volgeva ai professori, sulla «scuola del futuro». Sala stra­piena, maxischermi, in giro, con centinaia di persone da­vanti. Alla fine una studentes­sa le ha addirittura gridato: «Sei stupenda!». Lo schiera­mento per proteggere il mini­stro era superiore a quello di ogni altro illustre ospite. Per entrare in sala, nel pomerig­gio, tutti perquisiti. Poi, quat­tro studenti in maglietta ros­sa e kefiah si sono alzati per raggiungere il palco. Subito placcati. Per i lunghissimi percorsi della Fiera, la Gelmini è stata spesso fermata. Veste un po’ all’antica, camicetta beige a pois, pantaloni chiari, décol­leté bianche con tacco, ma è giovane e ai giovani del mee­ting incute meno soggezione di Tremonti.
Lei, quasi umile. Ai profes­sori ha detto: «Non posso svolgere questo mio ruolo da sola...».
Ha promesso che questa le­gislatura «darà una carriera agli insegnanti». Ha scansato trappole. Le hanno chiesto se a scuola si debba insegnare il dialetto e lei: «È importante trasmettere la conoscenza dell’identità, della storia dei luoghi, non mi soffermerei sul dialetto...».
A. Gar.


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