Corriere: «Serve il consenso di tutti o sarà un atto di violenza»
Luigi Berlinguer: ma mandare i militari non è di destra
ROMA — «Mandare i Nas nelle scuole si può, certo. Però la considero davvero una
extrema ratio. A cui ricorrere soltanto se è davvero necessario. E comunque sempre in collaborazione con presidi e docenti, altrimenti si rischia di provocare un danno maggiore».
Luigi Berlinguer, 75 anni, è stato ministro dell'Istruzione con i governi Prodi e D'Alema dal 1996 al 2000. Oggi presiede il Comitato per l'introduzione della musica nel programmi scolastici e quello per la Diffusione della cultura scientifica nel Paese. Sull'iniziativa di Livia Turco è cauto.
Ci vogliono davvero i carabinieri in classe?
«Ripeto: visto a che punto siamo, può servire anche questo. A scuola deve essere chiaro cosa è ammesso o non è ammesso fare. I ragazzi devono sapere che la presenza di droga è inaccettabile. E del resto i docenti non possono trasformarsi in poliziotti. Ma bisogna stare attenti».
A cosa?
«Non può esserci un potere assoluto dei Nas. L'intervento va concordato con preside e docenti perché la funzione educativa è delicata e non va compromessa».
Ecco, appunto. Invocare l'intervento delle forze dell'ordine tra i banchi non è una sconfitta per la scuola?
«No, se c'è collaborazione. I dirigenti di istituto credo conoscano bene cosa accade nelle loro classi. Sanno delle trasgressioni, non hanno forze sufficienti per combatterle. E gli stessi studenti possono essere coinvolti. Non certo per chiedere loro delazioni, questo sarebbe pessimo. Dico però che i ragazzi vanno trattati da adulti e messi di fronte alle responsabilità».
Un carabiniere che li controlla non ottiene l'effetto contrario? Dieci a uno che gli studenti la vedranno come un'altra forma di repressione e basta.
«Ma infatti bisogna prima di tutto parlare con i ragazzi. Che non hanno bisogno della paternale. Va loro spiegato cosa è sbagliato, cosa è contro la legge, vanno rispettati, informati. Altrimenti è meglio lasciar perdere. Non servono arresti né criminalizzazioni».
Gli studenti non ce li vorranno i Nas a scuola.
«Alcuni no. Altri forse sì. Non è che si può chiedere il loro permesso. L'importante è che ci sia discussione, che non sia un atto di violenza. In caso contrario ovvio che i Nas trovano la roba o che gli studenti la buttano, poi il giorno dopo se la riprendono. Il rigore è necessario ma è un valore che va condiviso, non soltanto imposto».
Qual è la colpa più grave della scuola italiana?
«Bullismo, violenza, spinelli in classe, hanno tutti una stessa origine. I ragazzi vivono la scuola come una cosa estranea. In classe non c'è passione. Le nozioni vengono calate dall'alto, l'insegnamento è ancora autoritario. Così la naturale aggressività di un giovane, che potrebbe esprimersi attraverso la creatività, resta bloccata. Un ragazzo cerca la droga per noia, per curiosità, per desiderio di fuga. La scuola così com'è non sa offrire motivazioni, interessi, non dà gioia».
La Sinistra che voleva alleggerire la legge Fini sulle droghe si ritrova a praticare il proibizionismo.
«La Sinistra ha creduto che la sicurezza della gente che gira per strada o la notte fosse una questione di destra. Sbagliava. La Sinistra deve credere in uno Stato che dà sicurezza, ma senza cadere nel paternalismo. Se si consuma e si spaccia droga a scuola bisogna intervenire. Mandare i carabinieri non è per forza di destra, non lasciamogli questi argomenti».