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Corriere: Scuola, pensieri deboli dietro l’ansia di riforme

Sono almeno venticinque anni che si discute di riforma della scuola secondaria superiore, ed ora che il ministro Fioroni ha sospeso la sperimentazione della riforma Moratti se ne discuterà ancora

09/06/2006
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Corriere della sera

di LUIGI COVATTA

Sono almeno venticinque anni che si discute di riforma della scuola secondaria superiore, ed ora che il ministro Fioroni ha sospeso la sperimentazione della riforma Moratti se ne discuterà ancora. Bene o male in questi anni sono state riformate sia la scuola primaria che l'università, e perfino il tormentato iter attraverso cui nel 1963 si giunse alla scuola media unica non durò così a lungo. L'assetto della scuola secondaria superiore, però, era l'architrave della riforma Gentile, e non è facile disegnare un assetto diverso senza il pensiero forte che stava dietro quella riforma. Che oggi non ci sia un pensiero forte lo dimostra anche l'incoerenza di certe posizioni. Venticinque anni fa erano le sinistre a volere il liceo unico. Ora invece Andrea Ranieri, responsabile scuola dei Ds, plaude al blocco della «liceizzazione selvaggia che ha colpito la scuola, svuotando di fatto il peso degli istituti tecnici e professionali». Nel caso, peraltro, l'incoerenza è una felix culpa. In questi venticinque anni, infatti, la realtà è cambiata almeno due volte. Ed almeno una volta (negli anni dell'industrializzazione diffusa) il cambiamento è stato penalizzato dalla carenza di istruzione tecnico-professionale. C'è da chiedersi, però, se sia ancora così. E se abbia ancora senso porre sulla scuola secondaria superiore la stessa enfasi del passato. Oggi la scansione temporale fra formazione e lavoro è radicalmente diversa da quella di allora, e il concetto di «longlife learning» significa anche che non tutto il bagaglio formativo di un individuo deve essere necessariamente acquisito fra i 14 e i 19 anni d'età. Questo pensiero debole, alla fine, potrebbe essere il solo in grado di rovesciare il "pensiero forte" di Gentile, concepito quando a lavorare a 14 anni erano i poveri del Sud e non i ricchi del Nordest, e arrivare alla laurea significava essere per sempre padroni di una professionalità. Ora che sono i giovani meridionali ad affollare inutilmente gli atenei, mentre a Nord si frequenta precocemente il mondo del lavoro, non hanno senso né le polemiche sulla "liceizzazione" né quelle sul "doppio canale". Serve invece una rete a geometria variabile in luogo della rigorosa architettura gentiliana: un'autonomia scolastica, cioè, che si nutra non di conflitti fra Stato e Regioni, ma di flessibilità (e qualità) dell'offerta formativa. Come ha chiesto Mario Draghi all'Assemblea della Banca d'Italia.


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