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cORRIERE-Scuola e lavoro, i dubbi degli industriali veneti

Scuola e lavoro, i dubbi degli industriali veneti Riello: la riforma Moratti potrebbe creare scompensi, fatichiamo già a trovare operai. Ultimi in Europa negli stage Per essere una novità, l...

23/05/2004
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Corriere della sera

Scuola e lavoro, i dubbi degli industriali veneti

Riello: la riforma Moratti potrebbe creare scompensi, fatichiamo già a trovare operai. Ultimi in Europa negli stage

Per essere una novità, lo è sul serio. Basta guardare le statistiche: l'alternanza studio-lavoro in Italia è ferma al palo. Zero per cento. E non ci si può nemmeno consolare con l'erba stenta dei vicini, dato che la Svizzera totalizza un 56,8% da fare invidia anche a Francia (20,2%) e Germania (48,7%). Bisognerà rimboccarsi le maniche, quindi, per concretizzare la parte di decreto approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri: la possibilità di seguire nel secondo ciclo percorsi di formazione professionale che alternino periodi sui banchi a stage in fabbrica o azienda. Se tutti concordano sulla necessità di colmare il gap, c'è chi avanza qualche dubbio. Sì al tandem scuola-lavoro, ma "con juicio": "L'innalzamento a 18 anni del diritto-dovere scolastico può creare scompensi nel passaggio nel mondo del lavoro - commenta Alessandro Riello, presidente pro tempore della Federazione Industriali del Veneto -. L'alternanza, invece, la riserverei agli allievi degli ultimi anni per evitare di appesantire le imprese, anche nei costi".

IN EUROPA - In questo campo la parte del leone, si è detto, la fanno gli svizzeri. E svizzero è Norberto Bottani, direttore del Servizio di ricerca sull'istruzione di Ginevra. Che sostiene: "La scuola non va più concepita come la fabbrica di un tempo, che confezionava prodotti finiti secondo un modello di produzione unico. Al diploma si può arrivare attraverso percorsi molteplici, con un sistema flessibile". L'alternanza scuola-lavoro, fondamentale all'estero per attrarre studenti (nei Paesi Ocse gli allievi dei professionali sono il doppio in media rispetto al nostro Paese). Che in Italia non è mai esistita, almeno non come rapporto organico e "centralizzato" tra aziende e istituti. "Ma a Milano, Bologna, Venezia - ricorda Enrico Panini, segretario della Cgil Scuola - ci sono esperienze di alto livello, nate una ventina di anni fa per dare un ruolo formativo al lavoro. La paura è che questa volta il termine "alternanza" nasconda un lavoro che è addestramento, e un rapporto con la scuola ridotto al minimo". E conclude: "La qualità oggi c'è, ed è stata conquistata grazie all'impegno di insegnanti e dirigenti per superare i limiti concreti dovuti ad esempio alla carenza di fondi e strutture. Ma la divisione tra sapere puro e addestramento al lavoro rischia di cancellarla. Quello che denuncio, insomma, non è il rapporto della scuola con il lavoro, ma la povertà di un modello che sminuisce il valore di entrambi".

TECNICI E PROFESSIONALI OGGI - La situazione attuale della "seconda gamba" della riforma, tecnici e professionali, appunto, rispecchia una realtà ricca di spunti e contraddizioni. A fronte del calo di iscritti ai tecnici, la buona notizia è il trend positivo dei professionali, iniziato nei primi anni '80. "Più 1,78% dal '98 - commenta Alessandra Cenerini, presidente dell'Adi, l'Associazione docenti italiani -, contro l'1,27% dei licei e il -2,38% dei tecnici". Con un ruolo fondamentale per l'integrazione: nel Nordest gli stranieri al primo anno dei professionali sono il 9,11% (la media nazionale è del 4,88%), contro il 4,36% dei tecnici e l'1,69% dei licei. "Negli anni '60 - spiega Maria Pia D'Angelo Rositi, preside del professionale per il commercio e per il turismo Bertarelli, a Milano - c'era il compito storico di dare cultura all'immigrazione interna. Oggi, a quella dall'estero". Ma perché la crisi dei tecnici? "Nei primi anni '90 - racconta Ave Ponzielli, preside dell'Itis Galvani di Milano - c'è stata una spinta verso il "tutto per tutti", con un calo della qualità". Poi c'è il problema dei fondi. E la crisi delle docenze nelle materie tecnologiche. Dove i professori, se ci sono, hanno un doppio lavoro.

VERSO IL FUTURO - Ma come si relaziona oggi la scuola con il mondo del lavoro? Nei casi più fortunati gli studenti del quarto anno usufruiscono di stage di qualche settimana. Ma con la riforma già da settembre tutto potrebbe cambiare. Previo accordo con gli industriali. Che soprattutto nel Nordest in piena "crisi vocazionale" avanzano qualche dubbio: "È giusto che i giovani entrino più preparati nel mondo del lavoro - commenta Riello - ma innalzare l'obbligo può avere un effetto boomerang. Già oggi se cerchiamo un operaio qualificato troviamo solo diplomati che preferiscono rimanere disoccupati". La paura, insomma, è quella di uno scompenso nelle aziende. E anche l'alternanza "non andrebbe inserita nei primi anni, perché per le industrie sarebbe difficile accogliere con profitto reciproco (e senza rischi di sfruttamento) ragazzi così giovani". Con un ultimo rischio da non sottovalutare: "Nelle aree meno sviluppate i giovani a scuola sono moltissimi, le aziende poche. Proprio per questo credo che l'avviamento del processo debba essere graduale. Partendo da un dialogo molto franco tra scuola e imprese".
Gabriela Jacomella

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