Corriere: Sciopero rinviato ma sugli statali è scontro
Cgil, Cisl e Uil: il governo non rispetta gli impegni. La Corte dei conti: troppe falle negli integrativi
ROMA — Cgil, Cisl e Uil accusano il governo di aver tradito l'accordo del 6 aprile per il rinnovo del contratto del pubblico impiego e minacciano, pronti a far saltare anche il tavolo di concertazione di Palazzo Chigi, «la rottura totale» con l'esecutivo. Ieri mattina i sindacati hanno ricevuto la direttiva che il governo ha dato all'Aran per tradurre nel contratto di lavoro l'accordo di due settimane fa e sono letteralmente saltati sulla sedia. Infuriati per quel che c'è scritto («28 pagine di astrusità» ha detto il segretario confederale della Cisl, Gianni Baratta), ma soprattutto per quello che doveva esserci e non c'è più: la contrattazione integrativa, che doveva essere legata alla produttività, e i soldi promessi. Non più 101, ma 92 euro di aumento mensile, con un incremento del 4,46% e non del 5,01% concordato quindici giorni fa.
Agitatissimi, i rappresentanti del pubblico impiego delle tre confederazioni hanno chiesto e ottenuto un incontro chiarificatore con il ministro della Funzione Pubblica, Luigi Nicolais. L'incontro, però, si è concluso «malissimo» secondo i sindacati, che invece di revocare lo sciopero degli statali già programmato per il 16 aprile, l'hanno solo rinviato all'inizio di maggio. Ma c'è di più, perché a sostegno dei pubblici sono scesi in campo anche i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Annunciando una conferenza stampa per lunedì prossimo e chiedendo subito un incontro con il presidente del Consiglio, Romano Prodi.
«La decisione di bloccare la contrattazione integrativa è incomprensibile», ha detto il segretario della Uil, Luigi Angeletti. «Il governo ha paradossalmente annullato il memorandum tanto auspicato e decantato come la vera svolta nella pubblica amministrazione. Avevamo fatto un'intesa che per la prima volta avviava nella pubblica amministrazione una fase di maggior efficienza e quindi di legare gli aumenti salariali all'efficienza, e ora scopriamo — ha detto Angeletti — che la direttiva blocca la contrattazione di secondo livello».
«Sono stati violati gli accordi e i contratti che sembravano a portata di mano ora non lo sono più» ha tuonato Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil, subito dopo aver visto il ministro Nicolais, che non dispera di aggiustare qualcosa, magari nelle direttive di comparto che seguiranno quella appena varata. I sindacati restano però molto scettici, anche perché proprio ieri la Corte dei Conti ha espresso dubbi seri sulla bontà dell'istituto della contrattazione integrativa. «È noto che molte falle di ordine finanziario si trovano nei contratti integrativi del settore pubblico» ha detto ieri il nuovo presidente, Tullio Lazzaro. I sindacati, indispettiti, alzano la posta dello scontro: «Sarebbe contraddittorio fare tavoli di concertazione con il governo davanti a una rottura che potrebbe essere clamorosa».
Per il governo è un problema da non sottovalutare. Ai tavoli di Palazzo Chigi con le parti sociali è legato il futuro delle riforme su cui l'esecutivo gioca gran parte della sua credibilità: pensioni e welfare (il 18 aprile il tavolo dovrebbe discutere di ammortizzatori sociali, ma il condizionale è d'obbligo), competitività, liberalizzazioni. In un quadro in cui l'ala più radicale della sinistra al governo non ha mai rifiutato il suo appoggio convinto al sindacato si complica anche la trattativa sulla destinazione del tesoretto, che ieri la Corte dei Conti ha chiesto di usare interamente per la riduzione del deficit e del debito. Che continua a salire: a gennaio è arrivato a 1.588 miliardi di euro, secondo i dati della Banca d'Italia che tuttavia confermano il buon andamento delle entrate fiscali (più 9,2% nei primi due mesi in termini di cassa).