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Corriere: Sarkozy ordina perquisizioni in classe e metal detector

Francia Squadre di agenti pronti ad intervenire nei provveditorati. «Rivoluzione culturale contro il politicamente corretto» Il piano dopo le aggressioni ai prof. «Niente più armi, gli istituti videosorvegliati»

29/05/2009
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Corriere della sera

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PARIGI — Professori aggre­diti e accoltellati, racket su giub­botti e telefonini, risse fra ban­de, consumo di droga e alcol. La scuola francese è violenta, degradata, pervasa da un senti­mento d’insicurezza che ango­scia insegnanti, genitori e la maggioranza silenziosa di allie­vi che si aspettano «soltanto» di crescere in un sistema un tempo ammirato e copiato in tutto il mondo. La diagnosi non è nuova — nel 2002 vennero re­gistrati 81 mila incidenti di va­rio genere —, ma volge al peg­gio, anche perché gli atteggia­menti violenti si banalizzano: andare a scuola con un coltello a serramanico non è più un’ec­cezione.

Il governo vuole correre ai ri­pari. Il ministro dell’Educazio­ne nazionale, Xavier Dercos, propone misure draconiane: dalla videosorveglianza ai con­trolli elettronici degli ingressi, come negli stadi, fino alla possi­bilità di perquisire zaini e cartel­le. Il ministro degli Interni, Mi­chèle Alliot-Marie, allarga il pia­no repressivo ai quartieri diffici­li, aumenta dotazione e perso­nale delle forze dell'ordine, lan­cia l’allarme sulla proliferazio­ne di bande giovanili che si ag­gregano attorno a «identità» in­tollerabili per la Francia repub­blicana: l’origine etnica, il terri­torio, la religione, la squadra di calcio.

Come già in passato — sia­mo alla vigilia delle elezioni eu­ropee —, il presidente Nicolas Sarkozy fa suo il tema e cavalca le ansie dei francesi, con un oc­chio sempre preoccupato al po­tenziale elettorato del Fronte nazionale, l’estrema destra di Jean-Marie Le Pen. E ripropone la «rivoluzione culturale» con­tro l’«angelismo», i «buoni sen­timenti », il «politicamente cor­retto » che rischia di tradursi in lassismo. Lo fa sulla stessa lun­ghezza d’onda della questione immigrazione: attenzione — di­ce in sostanza — la prima vitti­ma del degrado e della violenza (della scuola, delle periferie, dei quartieri popolari) è l’ugua­glianza delle possibilità, ovvero la crescita e l’integrazione dei giovani meno favoriti e dei figli degli immigrati.

«Noi vogliamo che gli istituti scolastici diventino dei santua­ri. Non è più tollerabile che cir­colino armi. I responsabili delle scuole avranno a disposizione tutti i mezzi per impedire che gli allievi detengano armi», ha detto ieri, accennando al ri­schio che il peggio debba anco­ra venire. Per ora si tratta di col­telli, ma ricordiamoci — ha ag­giunto — la strage di Winnen­den in Germania, dove un gio­vane uccise a colpi di pistola quindici compagni di classe.

Tecnicamente, dal prossimo anno scolastico, il personale di­dattico sarà autorizzato a per­quisire le cartelle degli studen­ti. Equipe mobili di agenti sa­ranno istituite presso i provve­ditorati. Sarkozy ha anche pro­posto che poliziotti della riser­va nazionale o in pensione pos­sano essere temporaneamente utilizzati per la sicurezza di isti­tuti scolastici difficili e del terri­torio circostante. Sono state in­dividuate venticinque aree, qua­si tutte nella regione di Parigi.

La questione scuola fa torna­re d’attualità la più grande que­stione delle periferie francesi. Le statistiche documentano, ol­tre che l’aumento degli episodi di criminalità e violenza, anche la loro concentrazione in alcu­ne aree e in alcuni settori del­l’insegnamento, in particolare gli istituti professionali. Nel 40% dei licei non succede quasi nulla. Nell’ultimo anno scolasti­co, sono stati registrati in me­dia quattro incidenti gravi ogni mille studenti. E nell’anno in corso, 251 episodi correlati ad uso di armi bianche.

Ma le statistiche, come fa no­tare Gérard Aschieri, segretario del più importante sindacato degli insegnanti, non registra­no la sgradevole quotidianità della vita scolastica: insulti, vandalismi, contestazione dei programmi, talvolta con moti­vazioni identitarie di tipo etni­co, linguistico e religioso. Anni fa, il filosofo Régis Debray ven­ne incaricato di studiare i possi­bili effetti educativi dell’inse­gnamento della cultura religio­sa, in senso lato. Non per rimet­tere in discussione la laicità del­la scuola repubblicana, ma per favorire tolleranza e civismo fra gli scolari. Xavier Dercos, ministro anche all’epoca di Chi­rac, già allora disse ciò che Sarkozy ha ripetuto ieri: «La scuola deve tornare ad essere un santuario», non in senso spi­rituale, ma nel senso del bunker, dato che — allora co­me oggi — propose porte di si­curezza e cancellate, videocame­re ed espulsioni degli irrecupe­rabili. Inoltre, oggi, come ieri, si richiamano le famiglie alle lo­ro responsabilità, con possibili sanzioni nei confronti dei geni­tori che «dimissionano» dal lo­ro ruolo.

Il clima elettorale accentua i toni. E sono in pochi a illudersi che basti frugare negli zaini per arginare il malessere endemico della scuola e i comportamenti violenti di una parte della gio­ventù francese, concentrata nel grande deposito di ingiustizie e rancore della «banlieue». Sulle cause e sui propositi di riforma si sono arenate negli anni le buone intenzioni di almeno sei ministri della pubblica istruzio­ne. E qualche collega di gover­no ha iscritto i figli alla scuola privata.


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