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Corriere-Rutelli: non cancelleremo le riforme del Polo

L'INTERVISTA / Il presidente della Margherita: Panebianco ha ragione sul bipolarismo, giusto mettere alla prova chi vince. In caso di primarie punteremo su Prodi Rutelli: non cancelleremo ...

03/08/2004
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Corriere della sera

L'INTERVISTA / Il presidente della Margherita: Panebianco ha ragione sul bipolarismo, giusto mettere alla prova chi vince. In caso di primarie punteremo su Prodi

Rutelli: non cancelleremo le riforme del Polo

"Se andremo al governo proveremo le leggi Biagi e Moratti. Sul programma no ai condizionamenti di Bertinotti"

ROMA - A Romano Prodi toccherà il compito di redigere un programma che tenga conto "delle diverse sensibilità che animano la coalizione", avvertendo che "la Margherita sarà rispettosa delle proposte di Rifondazione ma non ne accetterà i condizionamenti". Al centro-sinistra toccherà il compito - in caso di vittoria alle prossime elezioni - di "confermare e consolidare il modello che portò Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale", in modo da garantire al Paese un capo dello Stato "che sappia continuare a interpretare il ruolo di garante, così saggiamente portato avanti in questi cinque anni" dal presidente della Repubblica, nella speranza che anche il Polo "si attenga a questo modello". A entrambi gli schieramenti toccherà salvaguardare il bipolarismo, "perché non si deve tornare indietro". Ed è proprio da questo tema che Francesco Rutelli avvia il suo ragionamento. Il leader della Margherita riconosce che la tesi sostenuta ieri sul Corriere da Angelo Panebianco "è giusta", perche "è interesse del bipolarismo che i programmi di chi vince siano messi alla prova". Dunque "l'opposizione dovrebbe verificare che Silvio Berlusconi porti a termine il mandato per dare poi un giudizio compiuto sulla sua azione di governo": "Il fatto è però che in tre anni il premier non ha tenuto fede alle promesse, a partire dalla riduzione delle tasse".
Un primo taglio l'ha varato.
"Ma la pressione fiscale è salita, e quella riduzione non è stata avvertita dal Paese. Si è trattato in realtà di un parziale contenimento della perdita del potere d'acquisto che ha colpito pesantemente i redditi medio-bassi. Però non era questa la formula berlusconiana. Il suo credo reaganian-thatcheriano prevedeva un drastica diminuzione delle imposte per rilanciare l'economia. Io credo che questa ricetta non funzioni. Ma il premier doveva farlo subito, così avremmo potuto vedere i risultati di quella politica. Non riuscirà a farlo sul finire della legislatura. Se davvero si potesse, taglierei piuttosto le "tasse sul lavoro" a sostegno delle famiglie, delle imprese e dei consumi. Diverso è stato l'atteggiamento di Prodi al governo. Lui ha raggiunto in un anno e mezzo il suo obiettivo: raccolse la sfida di agganciare l'Italia all'euro e la vinse. Peccato che quella sfida non conteneva traguardi successivi, e forse fu uno dei motivi che portò l'alleanza a disgregarsi. In un sistema bipolare un governo di legislatura deve porsi più missioni".
Voi dovete ancora elaborarle .
"Siamo dinnanzi a una sfida. Entro dicembre, soprattutto se franasse la maggioranza soprattutto per i dissidi sulla devolution, dovremo mettere in campo le idee per un nuovo programma. Lo scontro, ma io lo chiamo confronto, non avverrà sul candidato premier, bensì sul progetto nuovo e credibile che dovremo offrire ai cittadini. Avremo il dovere di misurarci in modo trasparente, e davanti al Paese, per far capire agli italiani che ci presenteremo all'appuntamento con il governo non per ripetere il programma di dieci anni fa, sarebbe impossibile, nè per siglare un compromesso tra le posizioni del centro-sinistra e quelle della sinistra radicale. Serve un progetto nuovo e credibile, ripeto. Perché i nodi non potranno esser sciolti il giorno dopo il voto. Gli italiani non ce lo perdonerebbero e non ci voterebbero".
Senza una sintesi sul programma, non c'è il rischio che entri in difficoltà chi di questa sintesi dovrà farsi carico: cioè Romano Prodi?
"Io ho fiducia che si arrivi alla sintesi".
Intanto è bastato che il diessino Nicola Rossi invitasse a non cancellare la "brutta riforma" pensionistica del Polo per far scoppiare un pandemonio nel centro-sinistra e con la Cgil.
"Se andremo al governo non potremo scaraventare l'Italia in un terzo quinquennio di riforme che riformano riforme che avevano riformato altre riforme. Bisognerà dare certezze: serviranno interventi selettivi per correggere e migliorare le attuali leggi. Andrà per esempio cancellato lo "scalino" creato con la riforma previdenziale, e che penalizza chi andrà in pensione dal primo gennaio del 2008. Dopo aver sperimentato la riforma Moratti sulla scuola si dovranno stabilire i punti precisi su cui intervenire. E la legge sul mercato del lavoro andrà ritoccata per evitare alcune esasperazioni del sistema, garantendo insieme alla flessibilità più sicurezza sociale. Non si può seminare nel Paese l'incertezza permanente sul futuro. Altrimenti in una famiglia non si saprà mai a quanti anni andrà a scuola un figlio, per quanti anni andrà all'università, quanti anni dovrà lavorare chi è dipendente, quando e con che assegno andrà in pensione. Se in tutto il ciclo della vita si naviga a vista, è inutile pensare che la gente investa i pochi soldi che ha a disposizione. E lo stesso discorso vale per le imprese per cui le regole mutano di continuo".
Sarà, ma Bertinotti già oggi avvisa che non vuol saperne nè della riforma previdenziale, nè della riforma Biagi sul mercato del lavoro.
"Sia molto chiaro: così come noi abbiamo grande rispetto del Prc, anche il Prc deve sapere che dovrà discutere con la Margherita. E che la posizione conclusiva cui giungerà il centro-sinistra ne terrà conto ma non potrà essere stabilita da Bertinotti. L'elettore stia tranquillo: il programma sarà fondato anche sulle idee di Treu, di Letta, di Pinza, della Bindi, di Marini e, se consentito, di Rutelli".
Anche i sindacati vi aspettano al varco.
"Sono d'accordo con Pezzotta quando chiede che la proposta di revisione del modello dei contratti avvenga in modo unitario da parte delle organizzazioni sindacali. Così si manterrebbe il contratto nazionale, per garantire i minimi salariali e i diritti, e si affiderebbe alla contrattazione territoriale o aziendale la redistribuzione della crescita produttiva".
Pezzotta chiede anche di modificare l'attuale bipolarismo, tornando a un sistema elettorale proporzionale.
"Dico solo che in Italia nessuno pensa seriamente di tornare al proporzionale nè tantomeno punta al superamento del bipolarismo. Noi non rimpiangiamo il passato".
Se le primarie proposte da Prodi sono il futuro, farle con un unico candidato darebbe l'idea di un plebiscito.
"Sono favorevole a una consultazione popolare. Nel momento in cui si svolgerà noi punteremo su Prodi. Presumibilmente ci saranno altre candidature, e questo sarà un bene per rendere più viva la consultazione e più forte la designazione di Prodi".
Ammetterà che è strano quanto avvenuto nelle scorse settimane. Voi accusate il Polo di vivere sotto il tallone del Cavaliere, eppure in quello schieramento si è aperto il dibattito sul "dopo Berlusconi". Nel centro-sinistra, invece, appena si è accennato alla possibilità di un candidato alternativo a Prodi si è scatenata una caccia alle streghe.
"Io non ho mai parlato di complotti e non ci credo. La forza della candidatura di Prodi è data dalla sua diversità rispetto al modello berlusconiano. Prodi dev'essere un federatore e un innovatore, non un monarca nè una persona costretta ad avere un alleato che detta legge, come la Lega nel campo avverso. Sono certo che saprà unire culture e sensibilità diverse, e che saprà redigere un programma innovativo e credibile".
Al centro-sinistra serviranno un candidato premier e un programma. Ma servirà anche un accordo sul futuro capo dello Stato, visto che la prossima legislatura coinciderà con l'elezione del nuovo presidente della Repubblica.
"Certo. E io sono dell'idea che bisognerà riconfermare il modello che portò Ciampi al Quirinale. Chi disporrà della maggioranza parlamentare dovrà prendersi la responsabilità di proporre un candidato alla presidenza della Repubblica che possa essere votato anche dall'opposizione. L'esperienza preziosa di questi cinque anni ci dice che se il Paese non avesse avuto una guida come quella di Ciampi, i problemi sarebbero stati maggiori. Il modello Ciampi va confermato e consolidato: il capo dello Stato deve mantenere un ruolo di garanzia repubblicana. Per questo la futura maggioranza avrà una grande responsabilità nell'avanzare la sua proposta. Che dovrà essere qualificata ed elevata per ottenere la convergenza dell'opposizione".
Francesco Verderami


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