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Corriere-Roma-Scuola pubblica senza supporti GENITORI O SUPPLENTI

Scuola pubblica senza supporti GENITORI O SUPPLENTI di VALERIO MAGRELLI Roma, una scuola pubblica materna. A pochi giorni dall'inizio delle lezioni, gli insegnanti convocano i genitori ...

04/10/2003
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Corriere della sera

Scuola pubblica senza supporti
GENITORI O SUPPLENTI

di VALERIO MAGRELLI

Roma, una scuola pubblica materna. A pochi giorni dall'inizio delle lezioni, gli insegnanti convocano i genitori degli allievi. Li attende uno spettacolo desolante: aule spoglie, pareti scrostate, né mobili, né materiale didattico. Davanti a un simile sfascio, la mobilitazione è immediata, appassionata. Un padre si offre per risistemare l'intonaco, altri pagano di tasca propria beni di prima necessità, mentre i docenti si prodigano per consentire il regolare avvio dell'anno scolastico. Quanto al resto, forse arriverà qualcosa, forse gli spazi diventeranno abitabili - forse, soltanto forse. Nel frattempo, bisogna ricorrere alla buona volontà, il che, altrimenti detto, significa impegno o autotassazione. In questi giorni si è molto discusso dei tagli all'istruzione pubblica, tagli a cui è peraltro corrisposta la decisione di finanziare chi scelga la scuola privata. Eraldo Affinati ha riassunto tale stato di cose in una battuta: si pratica uno sconto a chi compera l'acqua minerale, ma si fa pagare chi vorrebbe usare l'acquedotto.
Ma la questione è un'altra, meno appariscente: ormai sembra normale trovarsi davanti a forme di istituzioni opzionali, eventuali, facoltative. Più che a scuola, sembra di stare in un campo-scuola. Uno spirito da camping estivo circola infatti tra i banchi che mancano, i bagni senza carta igienica, le stanze prive di attaccapanni. Diamoci sotto, alla fine ce la faremo!, dicono per fortuna i protagonisti di questa disavventura. Tuttavia, così facendo, si dimentica il senso stesso della Cosa Pubblica.
Facciamo un passo indietro. Che cosa accade in una scuola? In questo ambiente si realizza l'incontro-scontro tra due funzioni complementari. Il docente da un lato, il discente dall'altro, sono chiamati a un lavoro di trasmissione-ricezione che, in caso di insuccesso, si trasforma in opprimente convivenza. Non si pensi però che questo sia solo un rischio del sistema occidentale; nel suo saggio "L'inferno degli esami", Ichisada Miyazaky ha analizzato il fallimento dell'istruzione nella società cinese, fino a sostenere che molte grandi rivolte vennero addirittura fomentate da folle di bocciati.
Lasciamo Pechino per Roma. L'equivoco nel quale ci dibattiamo, anche a livello locale, sta nel dimenticare la pluralità delle funzioni veicolate dalla didattica. La scuola, infatti, non si limita a fornire competenze, ma trasmette modelli culturali, esempi di socializzazione, forme di convivenza. Ben venga dunque ogni forma di volontariato da parte di genitori e insegnanti, ma a patto che, con questo alibi, le istituzioni non abdichino al progetto di una complessiva riqualificazione dell'istruzione pubblica, affinché le aule tornino a rappresentare uno spazio d'incontro fra individui diversi per classi, culture, origini, ma uniti in un comune percorso di formazione.

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