cORRIERE-rOMA-Orlandi: "Per la ricerca solo l'1% del Pil ma Giappone e Usa investono il doppio"
Orlandi: "Per la ricerca solo l'1% del Pil ma Giappone e Usa investono il doppio" "È una nuova strada che ci può permettere di vincere la competizione internazionale. Bisogna puntare sull'innovaz...
Orlandi: "Per la ricerca solo l'1% del Pil ma Giappone e Usa investono il doppio"
"È una nuova strada che ci può permettere di vincere la competizione internazionale. Bisogna puntare sull'innovazione"
"Lo stato italiano investe nella ricerca meno dell'1 per cento del prodotto interno lordo. Il Giappone? Più del doppio. Gli Usa? Il doppio. E, se vogliamo restare in Europa, la Germania spende il 50 per cento in più. Ecco, se vogliamo parlare di ricerca di brevetti dobbiamo partire da qui, dal disinteresse del governo". Il prorettore Gianni Orlandi non usa trionfalismi: i brevetti sono importanti per l'università, ma sono maggiori "il rimpianto per ciò che poteva essere fatto" e la voglia di sviluppare ulteriormente un settore che potrebbe garantire "notevoli risorse". Prorettore Orlandi, perché parlare di rimpianto?
"Perché non basta registrare un brevetto. C'è bisogno di marketing, di un rapporto molto stretto sia con le industrie sia con il territorio. E noi molto dobbiamo ancora fare. Dobbiamo, perché visto l'atteggiamento del governo, questa potrebbe essere una fonte di reddito indispensabile".
Cosa pensa del governo, ormai è chiaro. E Confindustria?
"Montezemolo, sia nel programma sia negli interventi successivi, ha detto che bisogna investire nell'università e nella ricerca, ha sempre dimostrato sensibilità su questo punto. Mentre invece il governo, al di là di sbracciarsi, non fa nulla. Il disegno di legge Moratti, adesso, elimina la fascia dei ricercatori e crea nuovi precari, e di conseguenza, degli emigranti".
A questo punto i brevetti potrebbero rappresentare un passaggio decisivo nella vita degli atenei.
"È l'unico modo per vincere la competizione internazionale. L'Italia non è competitiva né come risorse né sul mercato del lavoro. E allora, come dice il presidente di Confidustria Montezemolo, puntare sull'innovazione è importante, doveroso. Più che altro, è l'unica strada possibile".
E la Sapienza finora cos'ha fatto per questo?
"Non moltissimo, a dir la verità. Almeno se rapportato a quanto si poteva fare. Io dico che da noi è mancata una adeguata politica: bisogna puntare sulle relazioni con l'esterno, creare interesse nelle industrie, un rapporto più forte, per arrivare poi a prodotti creati in collaborazione con istituzioni e aziende".
Il rapporto con Roma, com'è?
"Buono, ottimo. Coniughiamo il valore storico e artistico della città con applicazioni tecnologiche, e il lavoro è appena cominciato e andrà sempre meglio. Ma, insomma, da questo punto di vista il settore è innovativo, in via di sviluppo. Il punto però, per quel che riguarda i brevetti, è un altro".
Prego.
"Negli Stati Uniti, i brevetti fanno nascere industrie, creano posti di lavoro".
E da noi? Alla Sapienza?
"Da noi sarebbero fondamentali, se supportati adeguatamente. Potrebbero finanziare la ricerca, permetterci di comprare attrezzature per i laboratori, e anche risorse umane. Voglio dire: se riusciamo a utilizzare questo volano, potremmo anche garantire ai giovani ricercatori delle opportunità, permettere ai migliori di avere una scelta, non costringerli ad andare all'estero".
Fino ad ora quanto La Sapienza quanto ha investito nei brevetti?
"Cifre alla mano, poco. Nell'ultimo bilancio, ad esempio, trecentomila euro, seicento milioni di lire: una somma inconsistente".
Alessandro Capponi
Cronaca di Roma