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Corriere-ROma-Le rivendicazioni dei presidi

Le rivendicazioni dei presidi PROTESTA DALL'ALTO di ERALDO AFFINATI Non c'è pace per la scuola romana, specchio fedele e impietoso di quella nazionale. Cattedre assegnate con intollerabile l...

10/03/2005
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Corriere della sera

Le rivendicazioni dei presidi
PROTESTA DALL'ALTO
di ERALDO AFFINATI
Non c'è pace per la scuola romana, specchio fedele e impietoso di quella nazionale. Cattedre assegnate con intollerabile lentezza. Disguidi burocratici. Contestazione dal basso sui punti nodali della riforma. Agitazione degli studenti. Malcontento dei rettori universitari. Ora è la volta dei presidi che, nel sistema dell'autonomia da tutti elogiato, dovrebbero essere i veri timonieri della nuova istruzione italiana. Non più semplici esecutori delle direttive ministeriali, bensì funzionari prestigiosi con stipendio adeguato e responsabilità conseguenti. Cosa accade invece nella realtà quotidiana? Assai più spesso di quanto sarebbe auspicabile, cambiano di sede ogni anno. A Roma addirittura 140 istituti su 616, come riportava il Corriere di ieri, non hanno un titolare fisso.
Procedono a vista. Quale rotta potranno percorrere queste scuole? A zig-zag, con una programmazione a dir poco improvvisata, lasciandosi dietro sicuri ritardi e presumibili sprechi, senza arrivare mai in porto. Si spiega anche così la perdurante insoddisfazione alla radice dell'assemblea che i dirigenti hanno tenuto nel cinema Capranichetta di piazza Montecitorio per chiedere lo sblocco dei concorsi e il rinnovo del contratto scaduto quattro anni fa.
Molto spesso i compiti complessi e tutt'altro che facili del dirigente vengono esercitati dal cosiddetto "facente funzioni": chiunque abbia avuto esperienze di lavoro nella scuola ha imparato a conoscere questa figura professionale.
Quasi sempre si tratta di un docente capace e volonteroso, in certi casi perfino più valido di chi è chiamato a sostituire, ma certamente privo dello spazio operativo di cui avrebbe bisogno per gestire in modo opportuno il presente e soprattutto il futuro della sua scuola. Sapere che numerosi istituti della Capitale agiscono in queste condizioni la dice lunga sullo stato di crisi in cui versa, purtroppo non da oggi, l'istruzione pubblica. Un tempo si riuscivano a nascondere meglio le crepe nel vertice direzionale solo perché il sistema era accentrato e gerarchico.
Adesso non più. Quando la presidenza è vacante, oppure gestita da un vicario, l'organizzazione ne risente. Proprio in questi giorni è stata diffusa la seconda bozza di riforma delle superiori nella quale emerge, fra l'altro, l'intenzione di unificare in una medesima sede i diversi indirizzi di studio, per cui nello stesso istituto potranno convivere, ad esempio, licei e professionali.
Si capisce al volo il ruolo decisivo che, in questo scenario, assumerebbero i dirigenti scolastici, come già avviene in numerosi paesi esteri, ma risulta altrettanto evidente il rischio di una loro riduzione numerica complessiva.
La mobilitazione dei presidi romani, in anticipo sul 18 marzo, il giorno stabilito dai sindacati per lo sciopero dell'intero comparto scuola, segnala quindi, in tale prospettiva, un malessere strutturale che occorrerà decifrare e risolvere in tempi possibilmente più rapidi di quelli, lunghissimi, ai quali siamo abituati.


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