Corriere: «Qui si rispettano le regole E i prepotenti non vincono»
«Siamo tra l'incudine e il martello. Basta una nota per suscitare reazioni scomposte»
BARI — «In pericolo? No, no. Guardi, sono ventidue anni che insegno in questa scuola. Avrei potuto andar via, ma ho scelto di rimanere. E non mi sento un preside minacciato. Questi sono episodi isolati, reazioni di persone che vogliono sentirsi al centro dell'attenzione e se un preside non li riceve immediatamente la vivono come un torto, anche se così non è».
Ugo Castorina ha l'aria distinta dei gentleman d'altri tempi: occhialini, capelli bianchi, tono della voce pacato. Sempre o quasi, perché il preside della scuola media «Lombardi» è anche un tipo che non si fa passar nulla sotto il naso. E con la stessa voce gentile aggiunge: «Non accetto mai intimidazioni o prepotenze, né dai ragazzi, né tantomeno dai genitori». Di genitori prepotenti nella sua carriera ne ha conosciuti tanti. Un paio di anni fa un ragazzino fu sospeso perché aveva offeso in classe un insegnante. Il giorno dopo a scuola si presentò prima la mamma e poi un «energumeno» per farlo riammettere in classe. Ma nessuno dei due la spuntò.
E poi c'è la storia dei telefonini sequestrati in classe un mese fa a undici alunni. Quella volta i genitori chiamarono la polizia. Come è andata a finire? «In un documento del consiglio di istituto i genitori hanno approvato il comportamento del preside perché ritengono che non si possa educare se non si insegna. E non si insegna se non si spiega ai ragazzi ciò che bene e ciò che bene non è».
Sui telefonini il preside è inflessibile: «Sono vietati. Per le comunicazioni ci sono i telefoni a scheda e c'è la segreteria». Anche Castorina ha visto in tv i video estrapolati dai cellulari, a volte con professori semi- inerti di fronte a quel che accade. «Guardi — commenta — i docenti si trovano tra incudine e martello. Basta una nota per suscitare la reazione scomposta dei genitori. Vengono a chiedere conto e ragione di qualsiasi provvedimento, e fin qui tutto bene. Ma immediatamente dopo dicono: io la denuncio, magari solo perché l'insegnante ha sgridato l'alunno davanti agli altri. E' assurdo, non si può fare scuola in questo modo».
Eppure ieri il preside è tornato in istituto subito dopo aver sporto denuncia. I medici gli avevano diagnosticato dieci giorni di prognosi. Ha preferito tornare al lavoro. Appena ha varcato l'ingresso è stato abbracciato da una professoressa. E' stato lui a consolarla. «E' la mia vicaria. Abbiamo condiviso la gioia di vedere i nostri ragazzi diventar grandi e l'amarezza dei momenti difficili».
Preside severo? Ugo Castorina non si vede così. «Ho un ottimo rapporto con i ragazzi. Mi vogliono bene e io ricambio il loro affetto anche quando non si comportano in maniera corretta, perché in certi casi sono vittime delle situazione che vivono all'esterno della scuola».
Dopo 22 anni tra le stesse mura, costruite nel cuore di uno di quei quartieri che non riescono a scrollarsi di dosso la definizione di «realtà difficile», il preside conosce i 740 alunni e buona parte dei genitori. «Alcuni di loro sono stati i miei primi alunni. E' anche per questo che non mi sento minacciato, perché la maggior parte dei genitori mi sostiene. Sono brava gente. Pensi che ogni anno la scuola ha più richieste di iscrizioni di quante ne riesca a soddisfare».
Il paradosso è che «c'è qualcuno che prima chiede raccomandazioni per entrare e poi, quando si prendono provvedimenti nei confronti dei figli, reagisce in maniera poco corretta. Il problema è che i genitori non devono fare gli amici, abdicando al loro ruolo» All'ora di pranzo il capo d'istituto deve andare via. E' atteso a Lecce per ritirare un premio consegnato alla «Lombardi» come scuola che si è distinta nelle attività di collaborazione interne all'Unione Europea.