Corriere: «Presidi, non criticate». È bufera su Limina
Il provveditore regionale scrive: «Attenti a quel che dite». La Cgil: si dimetta. Gelmini lo difende
Marina Amaduzzi
Attenti a parlare con i giornalisti e a non far circolare all’interno della scuola o distribuire alle famiglie documenti nei quali si esprimono posizioni critiche. È l’ammonimento rivolto al personale scolastico contenuto in una lettera riservata inviata dal direttore dell’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna, Marcello Limina, ai dirigenti degli uffici scolastici provinciali affinché vigilino in materia. A Modena il dirigente l’ha spedita ai presidi, a Bologna pare ancora di no. Affondo Marcello Limina è il direttore dell’ufficio scolastico regionale. Ha chiesto ai presidi di non rendere dichiarazioni critiche alla stampa
La nota non è affatto piaciuta al Pd e alla Cgil che parla di «bavaglio» e chiede le dimissioni del direttore dell’Usr dell’Emilia Romagna. Ma a sostegno di Limina interviene il ministro Mariastella Gelmini, «condivido e sostengo pienamente l’operato» di Limina, dice. «È lecito avere qualsiasi opinione ed esprimerla nei luoghi deputati al confronto e al dibattito — prosegue —, quello che non è consentito è usare il mondo dell’istruzione per fini di propaganda politica che nulla hanno a che vedere con i compiti della scuola. Chi desidera fare politica si candidi alle elezioni e non strumentalizzi le istituzioni».
In qualche modo è un dejà-vu. A fine agosto scorso fu la preside-consigliera comunale Daniela Turci ad essere ammonita per iscritto dal direttore dell’Usr. È «disdicevole», scriveva, che un preside esprima pubblicamente opinioni contrarie alla politica del ministero. Immediata la reazione del Pd (il partito della Turci) e del mondo della scuola bolognese, a difesa della facoltà di parola. Altrettanto repentino il sostegno della Gelmini a Limina, «non si può fare politica a scuola e non bisogna confondere il proprio ruolo con la politica», disse il ministro, dando ragione al suo dirigente.
Torniamo a questi giorni. Giovedì alcuni presidi di Modena ricevono e rendono pubblica la lettera di Limina, che doveva rimanere riservata. Nella lettera, osservando che spesso si leggono sulla stampa «dichiarazioni rese da personale della scuola, con le quali si esprimono posizioni critiche, con toni talvolta esasperati e denigratori dell’immagine dell’Amministrazione di cui lo stesso personale fa parte», si ricorda che esistono specifiche disposizioni normative e contrattuali che impongono ai dipendenti pubblici di «astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica e di rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa». Si invitano perciò i dirigenti degli uffici scolastici a «sensibilizzare il personale della scuola sul corretto comportamento da tenere con gli organi di stampa».
Dura la reazione, ieri, della Cgil nazionale e regionale, che di Limina chiede le dimissioni. Limina «ritiene che i lavoratori e le lavoratrici della scuola non possano esprimere amezzo stampa "posizioni critiche" nei confronti di un Governo che sta smantellando, con tagli indiscriminati, la scuola pubblica», dice il segretario generale Mimmo Pantaleo, è «una gravissima lesione alla libertà di manifestazione del pensiero e il tentativo di mettere il bavaglio alle legittime proteste dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola». Molto critico anche il Pd: «L’unico atto irresponsabile— ha detto il segretario regionale, Stefano Bonaccini — è negare i tagli del governo».
A Bologna i presidi non hanno ricevuto, almeno per ora, la lettera. Martedì, tuttavia, nel corso della conferenza di servizio il direttore provinciale Vincenzo Aiello ha inoltrato il messaggio. «Ci ha ricordato la necessità del silenzio, perché abbiamo l’obbligo di fedeltà all’amministrazione», racconta Filomena Massaro, dirigente dell’IC 12 e membro della giunta Asabo, l’associazione delle scuole di Bologna. «Non abbiamo ricevuto nulla per iscritto— conferma Domenico Altamura, preside del Righi —, mi pare tuttavia che a voce quelle cose ci siano state dette più volte».