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Corriere-Piccoli poveri, anche la scuola è un lusso

Piccoli poveri, anche la scuola è un lusso I ragazzi delle medie di Rozzano e una famiglia pugliese: quando mancano i soldi per comprare libri e quaderni DAL NOSTRO INVIATO BARI - Il ragazz...

17/10/2002
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Corriere della sera

Piccoli poveri, anche la scuola è un lusso

I ragazzi delle medie di Rozzano e una famiglia pugliese: quando mancano i soldi per comprare libri e quaderni

DAL NOSTRO INVIATO

BARI - Il ragazzino di Ventimiglia disperato per aver subìto il furto di una penna e di un temperino: "I miei genitori non possono permettersi di ricomprarmeli, ora come faccio?". La bambina undicenne di Cosenza che confessa a Telefono Azzurro: "Ho bisogno d'aiuto perché la mia famiglia non ha i soldi per i libri". La sua coetanea turca che a Roverino, in Liguria, passa il primo giorno di scuola in camera a piangere perché i genitori non possono acquistarle il materiale scolastico. Il bambino siciliano in Friuli vittima dello scherno dei compagni che lo chiamano "terrone" e della povertà dei suoi genitori che con uno stipendio di 4 mila euro all'anno non possono affrontare una denuncia e decidono di tenerlo in casa.
Sono casi isolati? Sono questi i "cittadini invisibili" di cui parla un libro curato dalla Caritas che Feltrinelli sta per mandare in libreria? Invisibili per chi non vuol vedere. Perché basta aggirarsi per via Concordia, a Milano, verso mezzogiorno di un giorno qualunque per imbattersi in migliaia di persone in fila davanti ai cancelli dell'Opera San Francesco dove una mensa gigantesca garantisce pasti caldi per tutti. Italiani, rumeni, albanesi, africani, orientali, sudamericani. Visibilissimi. Come Florence, la filippina che ha perso il lavoro di domestica e parla dei suoi figli di 19, 11 e un anno. Come la giovane peruviana che sotto gli alberi del piazzale chiacchiera con un'amica. Si chiama Dina, abita a Milano da 6 anni e ha un figlio, Giobbe, che frequenta la prima elementare. Andrà a prenderlo a scuola alle quattro e mezza e poi passerà al centro d'ascolto della Caritas per ritirare, come ogni martedì, i pacchi viveri per la settimana, lenzuola e qualche vestito.
Come molti allievi della scuola media ex Verga in via dei Garofani a Rozzano, cintura sud di Milano. Una scuola cosiddetta "a rischio", dove la parola indigenza suona come un eufemismo. Basta sentire le insegnanti. Costanza Jannone, docente di lettere, racconta di mamme che per acquistare un quaderno devono aspettare la fine del mese: "E alla povertà materiale si aggiunge il menefreghismo da sbando o la delinquenza". Non è certo delinquenza il furto, recente, della merendina realizzato da un ragazzo ai danni di un compagno. "Chiamiamolo bisogno, anche se a volte qualcuno che può permetterselo porta un panino più grosso per dividerlo con altri senza fare troppa pubblicità". Ma povertà significa anche abbandono. Filomena Pellegrino, anche lei insegnante di lettere, ricorda il caso di un ragazzo che in casa non aveva né luce né acqua, un ragazzo di origine meridionale che un paio d'anni fa frequentava la prima: "I compagni lo prendevano in giro perché puzzava e noi professori ci chiedevamo perché era così sporco, poi abbiamo saputo che semplicemente non aveva neanche i mezzi per lavarsi. A un certo punto non è più venuto a scuola e sono intervenuti i carabinieri. Ma si poteva mandarlo in galera perché puzzava?".
Nei casi peggiori povertà infantile significa anche fuga dalla scuola, strada, furto o spaccio: "Sappiamo che alcuni bigiano per andare al centro commerciale Fiordaliso, è quella la loro meta. Molti non conoscono neanche Milano, scappano per trovarsi al Fiordaliso e magari rubare qualcosa. Poi una mattina li vedi arrivare con un vestito firmato... Povertà e consumismo è un'accoppiata micidiale". Povertà e abbandono. Un altro caso? "Il ragazzino di 13 anni che non veniva a scuola perché i genitori non lo svegliavano", dice la prof Jannone, "la mattina, per un certo periodo, andavo a prenderlo io a casa, e a volte lo portavo pure a fare colazione". Ma il catalogo è ancora lungo: l'allievo che dormiva su un materasso per terra, senza lenzuola e con le coperte prese in prestito all'oratorio; la ragazza andata in passeggiata scolastica al Gran Paradiso con un paio di "fuseaux" e una maglietta leggera, nonostante la neve: "e ci implorava di prestarle dei pantaloni pesanti", ricorda la Pellegrino, "perché non li aveva". Le gite scolastiche sono spesso un tormento: "Per andare due giorni in Liguria", continua Jannone, "l'anno scorso, ho perso mesi e mesi a raccogliere le 100 mila lire: i genitori mi dicevano aspetti, le do 10 mila oggi e 20 alla fine del prossimo mese, eccetera".
Dal Nord al Sud. Da Rozzano a Grumo, in provincia di Bari, cambiano i paesaggi, dalla precoce nebbia ottobrina della Pianura Padana alla luce resistente della campagna mediterranea, ma sono sempre uguali le facce dei ragazzini cui manca tutto o quasi. Facce che il pediatra del paese, Giuseppe Tortorella, conosce bene: "All'inizio le mamme venivano malvolentieri nel mio studio perché si sentivano in obbligo di lavare i loro figli e vestirli bene, poi le cose sono un po' cambiate. Ma se vai nelle loro case per le visite a domicilio, ti accorgi di quanta gente viva in condizioni penose: quattro o cinque persone in una sola stanza, con servizi igienici precari...". Allora eccoci nella casa di Rita, 14 anni, due stanze, una quarantina di metri quadri in tutto, in cui vive con papà Gino, mamma Rosa e i fratellini Terry (10 anni), Mimmo (6 anni) e Antonella (un anno e mezzo). Rita, primo Ragioneria, si lamenta perché "non posso comperare i libri, aspetto i buoni del comune ma non arrivano e non so come fare. E poi...". E poi? "Io volevo andare a Bari per la scuola di stilista, ma non me lo posso permettere, non ce la facciamo". Quando la povertà si lega alla piccola delinquenza: un padre che per tirare avanti vendeva sigarette di contrabbando, e per questo è finito in carcere per sei mesi; una madre che vorrebbe cambiare casa, "perché qui non ci stiamo più: non c'è neanche una finestra, i tre bambini dormono sul divano in cucina, l'altro dorme con noi, in bagno c'è solo il vaso e un lavandino". Gino ora fa lo "scavatorista" e si sveglia ogni mattina alle quattro per andare a lavorare. "Tra assegni per i ragazzi e stipendio entrano in casa due milioni e otto (1.400 euro circa), ogni due o tre mesi". Fino a qualche anno fa, Rita andava a scuola di ballo latino-americano, poi ha dovuto abbandonare perché 15 euro al mese sono troppi". Un desiderio? "Prima avere una scrivania su cui poter fare i compiti e poi diventare ballerina o stilista". Il tavolo di cucina, con una tela cerata blu e bianca, è tutto: vi si mangia ("facendo i debiti in panetteria", dice Rita) e vi si fanno i compiti. "Non porto più amici, qui in casa - continua Rita - perché mi vergogno". C'è poi il fatto che i compagni le ricordano continuamente l'incidente di suo padre, la chiamano "figlia di contrabbandieri" e lei si arrabbia. E papà che dice? "Dice non ti curare, lasciali, non dargli retta". E la mamma, che dice? "Una volta si può anche sbagliare... per necessità".

Paolo Di Stefano


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