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Corriere: Napolitano: istruzione, non si può dire solo no

E sull'ambiente avverte: anche se l'economia è in difficoltà, non va dimenticato

18/10/2008
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Corriere della sera

Doppia «esternazione» del capo dello Stato. Che interviene anche sui rifiuti: da napoletano provo vergogna
ROMA — «Sulla scuola non si abbia paura del cambiamento, non si possono dire soltanto dei no», legge da un appunto Emilio Fede aprendo il Tg4 delle 18.55 e aggiungendo che la riforma Gelmini è «approvata dalla stragrande maggioranza degli italiani, a cominciare dal capo dello Stato », autore della sentenza trionfalmente citata.
«Siamo in un periodo di crisi finanziaria ed economica, ma non si deve dimenticare l'ambiente », gli fa eco da RaiTre Bianca Berlinguer, recitando davanti al video altri giudizi appena pronunciati dal presidente della Repubblica e dando così il via a un notiziario dominato dall'annuncio che «Bruxelles è contro l'Italia» e «minaccia la procedura d'infrazione verso Roma» perché non vuole aderire al pacchetto Ue sul clima a causa proprio della crisi.
E' bastata una chiacchierata informale con un gruppo di ragazzi in visita nella tenuta di Castelporziano a proiettare su Giorgio Napolitano, ieri sera, l'ombra di un doppio ruolo, poi enfatizzato dal mondo politico nella logica delle opposte convenienze: il ruolo di difensore e, al tempo stesso, censore del governo. Un'interpretazione in entrambi i casi «forzata», secondo il Quirinale.
Dove ci si premura subito di attutire la portata dell'esternazione spiegando che il presidente «non misura le sue parole rispetto all'attualità» e non fa dunque l'equilibrista quando vuole esprimere indirizzi di carattere generale. Il che sarà senz'altro vero, com'è vero che l'alternativa sarebbe un capo dello Stato ridotto al mutismo. Sta di fatto che, se si considera il contesto nel quale quei ragionamenti sono piovuti come un meteorite (proteste di docenti e studenti in mezza Italia, polemiche contro l'esecutivo in Europa), qualche «strumentalizzazione », come dicono sul Colle, fosse inevitabile. E, dato il momento teso, complicato da arginare.
Il clou lo si raggiunge quando una bambina milanese chiede: che cosa ne sarà dei figli delle maestre che perderanno il lavoro a causa dei decreti sulla scuola? «Io guardo quello che fanno governo e Parlamento e quello che si discute con i rappresentanti di scuola e sindacati... bisogna fare attenzione a non farsi prendere da esagerazioni e allarmi», replica Napolitano. E aggiunge: «Certamente ci sono dei cambiamenti da fare, nella nostra scuola, che non dà ai ragazzi tutto quello che dovrebbe sul piano della formazione e della preparazione al lavoro. Qualche cambiamento può piacere, qualcun altro no. Se ne discute. Ma non bisogna dire soltanto dei no né farsi prendere dalla paura».
Una riflessione indirizzata più ai politici che ai bambini, ovviamente. E nella quale quei «no» indicati come sbagliati, anche se bilanciati dall'appello al dialogo che il presidente ha rivolto di recente al ministro Gelmini, suonano alla stregua di un altolà alla contrapposizione con pregiudiziali, chiamiamola così, scelta dai sindacati e dal centrosinistra. Il suo retropensiero, insomma, sarebbe questo: «no» allo scontro per lo scontro, e «sì» invece al dialogo, per quanto difficile.
Analoga lettura, ma invertendo l'ordine della critica (in questo caso verso Palazzo Chigi), può essere applicata alle opinioni del capo dello Stato in materia di ambiente. Che cosa dobbiamo fare per salvare il pianeta? Risposta: «Stiamo scegliendo la strada per salvarlo senza compromettere lo sviluppo. Adesso stiamo entrando in un periodo di grandi difficoltà per l'economia, ma non si deve dimenticare l'ambiente. Anzi, bisogna fare uno sforzo per tenere sempre presente il legame che c'è tra sviluppo economico e difesa dell'ambiente». Da ultimo, un paio di battute su Napoli. A una ragazza di Acerra che gli domanda che cosa pensi quando vede i rifiuti abbandonati lungo le vie, dice: «Provo un senso di vergogna. I napoletani non meritano di essere indicati nel mondo per questo». E sul termovalorizzatore ancora fermo e oggetto di una disputa infinita, conclude: «Sarebbe ora di costruirlo. Non è una macchina diabolica».
Marzio Breda


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