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Corriere: Mussi: basta tagli all’Università o me ne vado «Inaccettabili nuovi interventi in Finanziaria, un errore i risparmi sulla ricerca»

Siamo pronti a stringere la cinghia nel 2006 - dice Mussi - ma la Finanziaria 2007 dovrà correggere l’errore.

27/07/2006
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Corriere della sera

ROMA - «Se ci saranno tagli per l’università anche nella Finanziaria 2007 trovatevi un altro ministro», taglia corto Fabio Mussi. «Chi glielo dirà agli studenti il prossimo inverno di venire a seguire le lezioni al freddo», sbotta il rettore della Statale di Milano, Enrico Decleva. Acque agitate nei 75 atenei del Paese, anche nei più «ricchi». In autunno dovranno restituire al Tesoro molti soldi: il 10 per cento del fondo per il funzionamento ordinario del 2006. E’ quanto prevede il maxiemendamento governativo al decreto legge Bersani-Visco, votato ieri dal Senato. Non un limite alla spesa, ma la restituzione. Una sorta di prelievo forzoso. Senza precedenti e inaspettato. Duecento milioni di euro secondo i calcoli della Conferenza dei rettori. Troppi per dei bilanci da anni in sofferenza. E se ieri erano gli ermellini a minacciare le dimissioni, stavolta lo fa il ministro. Mussi non se l’aspettava. Ha cercato di far capire al governo l’importanza di un’inversione di tendenza, per la ricerca, i giovani, il diritto allo studio. Sperava che la mannaia avrebbe risparmiato il suo ministero. Oggi constata che è andata meglio ad istituti zooprofilattici ed enti parco. E non gli resta che «accodarsi in ritardo all'indignazione del mondo universitario», è il commento sferzante di Giuseppe Valditara, responsabile scuola di An.

«Difficile immaginare un inizio peggiore della politica del governo Prodi verso l'università e la ricerca», osserva Guido Trombetti, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui). E il ministro non può che dargli ragione. «Siamo pronti a stringere la cinghia nel 2006 - dice Mussi - ma la Finanziaria 2007 dovrà correggere l’errore. Nessuno si aspetta miracoli e abbondanza, ma se l'Italia, di fronte alla tendenza esplosiva globale della spesa in ricerca e formazione, annuncia provvedimenti di definanziamento, il mondo ride e noi piangiamo. Lo si potrebbe fare, ma si tratterebbe di un'altra politica, e in quel caso ci vorrà un altro ministro».

I rettori vedono nero: «I tagli al bilancio colpiranno i fondi per affitti, canoni e servizi: tutti oneri derivanti da contratti e impegni spesso pluriennali non contraibili». La riduzione delle spese colpirà «in modo intollerabile ricercatori e studenti». Proprio due degli obiettivi a breve che il ministro si era dato. Il terzo riguarda la creazione di un’agenzia di valutazione. Assumere giovani studiosi, impedire che i migliori fuggano all’estero, aiutare gli studenti meritevoli ma poveri. Mussi ha accantonato le grandi riforme, dove manca la certezza di maggioranze, per concentrarsi su pochi punti concreti e importanti. Che però richiedono delle risorse. «Altro che risorse aggiuntive - lamenta la Crui -: il messaggio è chiarissimo. E ha a dir poco un sapore di beffa e di provocazione».

Difficile per il mondo accademico non ricordare le proteste contro i tagli della Moratti. E’ profonda la delusione di Guido Fabiani, rettore di Roma Tre, che di quel movimento era uno degli esponenti di spicco: «Sarebbe stato opportuno dare alle università la possibilità di realizzare un piano autonomo di riduzione dei costi, con l'impegno di riallocare i risparmi a favore delle urgenti misure di sviluppo, come ad esempio l'immissione di una nuova leva di ricercatori». «La manovrina sta facendo crollare l’apertura di fiducia verso il governo», dichiara Marco Pacetti, rettore di Ancona. Salvatore Settis, direttore della Normale di Pisa: «Una volta fermate, le università potrebbero non ripartire perché le persone in grado di farle ripartire non ci sono più, sono fuggite all’estero».

Giulio Benedetti


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