Corriere/Milano: La sorpresa dei presidi: non si può fare concorrenza allo Stato
Dirigenti scolastici disorientati. «L'uscita di Formigoni», la chiamano. Ma sanno benissimo che il processo di devolution era in atto da tempo, da quel 2002 in cui, in via sperimentale, nacquero i percorsi regionali triennali
Perplessità: «Ma davvero Formigoni ha fatto una cosa del genere?». Curiosità: «Quando nascono questi istituti?». Qualche attimo di riflessione, per valutare la notizia e fare supposizioni. Poi, i presidi delle scuole pubbliche sbottano: «Non è possibile, la Regione non può fare concorrenza allo Stato».
Dirigenti scolastici disorientati. «L'uscita di Formigoni», la chiamano. Ma sanno benissimo che il processo di devolution era in atto da tempo, da quel 2002 in cui, in via sperimentale, nacquero i percorsi regionali triennali. «Ma è ben diverso dal creare istituti nuovi», dice Clara Magistrelli, a capo del Caterina da Siena. La preside analizza: «Non ci può essere concorrenza sullo stesso territorio, è poco efficace per un sistema di eccellenza. Che senso ha mettere in contrasto istituti che offrono gli stessi indirizzi?».
Qualifiche e diplomi, competenze e valore legale del titolo di studio. Il ministro Fioroni (che sull'argomento si è espresso lunedì, proprio a Milano) è stato chiaro, ma i dubbi restano tanti. Agostino Miele, dirigente del turistico Gentileschi, domanda: «Stiamo tornando alla riforma Moratti, che voleva abolire gli istituti tecnici (salvati proprio ieri con il decreto delle liberalizzazioni)?».
Tante domane, poche risposte. Annamaria Indinimeo, preside del Kandinsky, chiede: «Quella di Formigoni è una proposta o un percorso definito? Con quale obiettivo? Che tipo di titolo sarà rilasciato?».
Lo stesso provveditore di Milano, Antonio Zenga, non vuole fare previsioni: «Quando sarà legge valuteremo». Bruna Sinnone, capo di istituto al Besta, non si sbilancia ma spiega: «La competenza sull'istruzione professionale è molto dubbia, già da prima della riforma del Titolo V». E se la preside Magistrelli conferma che sì, «ha ragione Fioroni: c'era un buco nella legge Moratti su questi temi, ma si può collaborare per creare un modello esportabile perché i presupposti ci sono», Michele D'Elia, preside dello scientifico Vittorio Veneto, non lascia spiragli: «Chi valuterà i programmi di queste scuole? E soprattutto, a cosa servono? Rispondo io: a foraggiare un certo ambito di potere economico».