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Corriere - Milano - Dibattito sugli atenei

Ex deputato e presidente di BPM Mazzotta: università in crisi di qualità Milano sta perdendo le sue eccellenze Dibattito sugli atenei ANGELO PROVASOLI GIANCARLO LOMBARDI FRANCESCO MICHELI GIU...

18/02/2005
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Corriere della sera

Ex deputato e presidente di BPM
Mazzotta: università in crisi di qualità
Milano sta perdendo le sue eccellenze
Dibattito sugli atenei
ANGELO PROVASOLI
GIANCARLO LOMBARDI
FRANCESCO MICHELI
GIULIO BALLIO

Il presidente della Banca Popolare: più matricole, ma l'offerta culturale è in calo

La domanda la fa lui: "Una volta le università di Milano erano sempre al vertice. Oggi, possiamo sinceramente dire la stessa cosa?". Roberto Mazzotta, presidente della Banca Popolare di Milano, scuote la testa. Poi, tenta di rispondere: "A me pare che il profilo qualitativo dei nostri atenei si sia appannato, perché la loro stessa missione è stata corretta negli anni". Presidente Mazzotta, sta dicendo che Milano non può ambire ad essere polo universitario?
"Al contrario. Una realtà come Milano deve vedere nelle università, nelle strutture di ricerca e nel sistema delle intelligenze uno dei suoi punti di forza produttiva. La Milano postindustriale ha in questa realtà un elemento decisivo: una volta l'università era soltanto un apparato per fornire personale qualificato. Oggi è un comparto base per il futuro della città e di tutta l'area".
Quindi, bisogna puntare sulle università?
"Che non sono elemento di accompagnamento, ma esso stesso di spinta. Non è un'infrastruttura, ma un comparto produttivo primario".
Questo, però, in teoria. E la pratica?
"Parliamo di qualità, visto che la quantità non costituisce problema: ci sono tanti atenei, tanti studenti. Quanto a numeri, hanno peso a livello internazionale".
Ma la qualità?
"Partirei da questo punto. Che oggi le università sono soltanto di massa. Ma mi sento di affermare, senza timore di offendere qualcuno, che l'offerta culturale e il livello di chi esce sono in calo. La curva che ha come punto d'inizio 15 anni fa non è crescente".
Cosa è cambiato?
"Anzitutto la struttura, perché le riforme sono state quelle che sono state. Abbiamo voluto un'università democratica, e questo in sé è un principio positivo. Ma il risultato è quello che vediamo: se alcuni anni fa dicendo Politecnico o Bocconi o Cattolica, pensavi ad una tradizione di vertice nel sistema europeo, oggi...".
Diciamolo.
"Non spetta a me giudicare. Ma tutti vedono che si sono moltiplicati i corsi di laurea, il numero di matricole è aumentato e che questa crescita numerica non è andata di pari passo con quella qualitativa".
Colpa delle università?
"Colpa dell'orientamento politico tradotto in legge. Ed è arrivato il momento in cui, se vogliamo bene ai nostri figli, dobbiamo chiederci quanto ancora possiamo andare avanti così".
Secondo lei?
"Secondo me dobbiamo invertire la rotta al più presto. Abbiamo scommesso sul livellamento e non sulle eccellenze".
I rettori dicono che ci sono pochi fondi.
"Dipende anche da come si spendono, i fondi. La mia sensazione, quella che mi faccio parlando con i docenti, è che oggi predominino gli obiettivi di fatturato e gli studenti si mandino avanti comunque".
Bisogna tornare all'università dei ricchi?
"Ma no. Il paradosso è che questa scuola democratica è più classista di quella dei miei tempi: perché oggi il successo personale del giovane dipende dalla sua famiglia di origine. L'università dura dava spazio anche al figlio dell'operaio: questa promuove tutti, ma alla fine si afferma chi arriva da un ambito più protetto. La scuola, a partire dalla superiore, sta diventando un elemento di regressione sociale molto pericoloso".
È per questo che le università milanesi at traggono meno?
"Una università di massa non può essere attrattiva. Le nostre università non attraggono più perché non rappresentano più un'eccellenza".
Presidente, ma lei li vede questi giovani laureati?
"Molti".
E come sono?
"Allevati in serra e buttati in gelo".
Cioè?
"Noi lavoravamo sodo, avevamo un decimo delle possibilità e degli stimoli dei giovani del Duemila, ma il giorno dopo la laurea avevamo alcune offerte di lavoro fra cui scegliere. Oggi abbiamo scelto la strada di rendere le cose facili ai nostri giovani: a partire da scuola, li alleviamo nella bambagia, evitiamo la selezione, li coccoliamo e loro restano in università sempre più a lungo. Poi escono e inserirsi nel mondo del lavoro è difficilissimo. Non stiamo facendo un gran servizio ai nostri ragazzi...".
Ma all'impresa, alla banca, al mondo del lavoro, che cosa serve?
"Servono laureati fortemente selezionati, con una formazione di base solidissima, e parlo anche di cultura generale, e che siano contenitori rapidi di nuove conoscenze. Persone colte, forti e capaci di apprendere".
Invece?
"Invece abbiamo ragazzi con un pezzo di carta e alcune nozioni. Destinati a diventare al massimo esecutori con un titolo: non certo la classe dirigente del futuro".

LA DISCUSSIONE Milano e i suoi dieci atenei: con un fondo pubblicato il 9 febbraio Gaspare Barbiellini Amidei ha aperto il dibattito. Sono poi intervenuti i rettori Angelo Provasoli della Bocconi, Giulio Ballio del Politecnico e Giancarlo Lombardi del Collegio di Milano. Intervenuti anche il finanziere Francesco Micheli e il presidente dei costruttori Claudio De Albertis
IL PROFILO Roberto Mazzotta, milanese, laureato alla Bocconi, è stato deputato per tre legislature, dal 1972: sottosegretario nel 1974, ministro nel 1980. Nell'86 è stato eletto presidente della Cariplo. Dopo altri incarichi, è nominato presidente alla BpM: oggi è nell'esecutivo di Abi ed è amministratore di Dexia Banque e del Crédit Industriel et Commercial
Servono alloggi, spazi ricreativi e una buona rete di trasporti
L'università deve rinnovarsi: servono programmi e risorse
Manca la capacità manageriale di inventare nuove cose
Non possiamo permetterci di perdere i nostri studenti
Elisabetta Soglio

Cronaca di Milano


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