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Corriere-Meritocrazia e università

Meritocrazia e università Franco Debenedetti, in un intervento dall'eloquente titolo "Meritocrazia per combattere il declino" (Corriere , 13 ottobre), tra tante considerazioni condivisibili, cita com...

22/10/2004
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Corriere della sera

Meritocrazia e università Franco Debenedetti, in un intervento dall'eloquente titolo "Meritocrazia per combattere il declino" (Corriere , 13 ottobre), tra tante considerazioni condivisibili, cita come caso di spinta antimeritocratica la nuova laurea breve. Il giudizio, se pure apodittico, ha il merito di affondare il dito in una piaga antica dell'università italiana. Assolutamente d'accordo che la selezione meritocratica, dopo una troppo lunga stagione di rimozione, debba tornare a regnare nell'università - prima e più che in altri contesti - accompagnata da uno sforzo sempre maggiore per rendere effettivo il diritto allo studio.
Nel merito dello specifico giudizio di Debenedetti, va richiamata innanzitutto un'ovvietà: l'architettura degli studi è in sé neutra rispetto alla selezione meritocratica, che va realizzata dai docenti, a valle del loro impegno scrupoloso, secondo canoni adeguati a ciascuno specifico livello di studi. Il giudizio sull'efficienza del nuovo sistema rispetto alla sua missione, non può essere limitato ad un solo segmento. E qui si impongono un dato ed una considerazione.
Il dato è che la nuova architettura degli studi non è frutto di un'originale idea nostrana, ma è la conseguenza di un accordo tra 29 Stati europei che hanno convenuto di armonizzare entro il 2010 i sistemi universitari secondo un modello comune, per agevolare la circolazione di studenti e laureati. La considerazione è che il nuovo assetto chiude l'era dell'università monofunzionale (che offriva la sola laurea tradizionale) per realizzare un sistema di livelli di studio sequenziali (laurea, laurea specialistica, master, scuole di specializzazione, dottorato di ricerca, scuole di alti studi, come quella interuniversitaria già bene avviata nel campo delle scienze umane). Il modello, a regime, "produrrà" numeri alti di possessori di saperi e competenze di base nel primo livello assolutamente necessari nelle nostre società avanzate (l'Unesco ha lanciato per il XXI secolo la prospettiva dell'universitò obbligatoria per tutti!) e numeri progressivamente più bassi nei successivi livelli (per assicurare l'ineliminabile selezione delle élites).
Con questa rivoluzione, vincendo le resistenze degli ancora numerosi nostalgici sessantottini, sono stati introdotti due strumenti (di cui solo l'Italia è carente) proprio per favorire la prospettiva meritocratica: 1) la selezione negli accessi, che obbliga le università a verificare l'adeguatezza della preparazione degli aspiranti all'immatricolazione ai vari livelli, rispetto agli studi prescelti (con buona pace della disastrosa liberalizzazione degli accessi imperante da oltre tre decenni); 2) un effettivo sistema di valutazione dell'attività di ciascuna università e di ciascuna sua struttura interna. Sarebbe oggi utile, più che criminalizzare il nuovo sistema, aprire un dibattito sul perché queste salutari innovazioni siano ancora sostanzialmente lettera morta.
Ortensio Zecchino, ex ministro
dell'Università e della Ricerca scientifica

Lettere al Corriere


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