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Corriere: Marocchino vince a scuola: fischiato

Gara di atletica a Casazza (Bergamo). In paese picchiato un altro giovane nordafricano Ragazzino insultato dagli studenti. I professori: «Inconcepibile»

15/05/2007
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Corriere della sera

DAL NOSTRO INVIATO

CASAZZA (Bergamo) — Atif ha dodici anni, i capelli ricci e l'incarnato olivastro tipico del suo Paese d'origine — il Marocco — ma parla italiano con l'inequivocabile accento di Bergamo, la terra dove vive da sette anni. Questo non gli ha evitato sabato mattina di ricevere bordate di fischi e «buu!» dai suoi coetanei mentre veniva premiato per aver vinto una gara d'atletica della sua scuola. La sera dopo è andata molto peggio a un suo amico, sempre marocchino, sempre di Casazza: agli autoscontri del paese ha risposto a un diciannovenne che lo aveva apostrofato con un «Negro di m...!» ed è stato aggredito con una bottiglia rotta; adesso ha punti di sutura alla testa e al collo e una gran paura anche solo a uscire di casa, a raccontare quel che è successo.
Già, che succede a Casazza, 3.500 abitanti, il 14% dei quali immigrati (una percentuale doppia rispetto a quella del resto d'Italia)? Se lo chiedono in tanti, dopo i due episodi a distanza ravvicinata, se lo chiede nel suo piccolo anche Atif, metà marocchino e metà bergamasco: «Ero contento per la gara, ma mi spiace per quello che è successo — dice — anche perché con i miei compagni di classe vado d'accordo. Solo quelli più grandi, qui in paese, ogni tanto mi danno fastidio».
Sabato mattina, al campo sportivo si erano radunati 300 ragazzi delle scuole medie di tre paesi vicini (Casazza, Borgo ed Endine), per una meeting amichevole di atletica. La prova di vortex, che è una versione soft del lancio del giavellotto, aveva visto l'affermazione del giovane immigrato. «Quando gli ho messo la medaglia al collo — racconta Giovanni Merla, insegnante presente al campo — dalle tribune dove c'erano tutti i ragazzi sono partiti fischi e ululati, proprio come allo stadio quando un giocatore di colore tocca la palla. Ho urlato io stesso di smetterla, che Atif meritava gli applausi, non i fischi, altrettanto hanno fatto altri insegnanti. Ma è stato davvero un momento molto triste, inconcepibile».
«Sì, mi hanno riferito il fatto — è la versione che ne dà il preside della scuola, Giovanbattista Campana —, ma sarei portato a pensare che si tratti di questione di rivalità sportiva tra scuole diverse, non di razzismo. Proprio la nostra scuola da anni si fa carico di programmi specifici per l'inserimento di alunni stranieri. E ne abbiamo da ogni parte del mondo».
Di sicuro, nelle aule dell'istituto, non tutti se la sono sentita di archiviare l'episodio: «Proprio stamattina (ieri, ndr)
ne ho parlato ai miei alunni — racconta Susanna Zaffaroni, altra docente presente sabato al meeting —. Che si sia trattato di semplice campanilismo, che sia stato qualcosa di peggio ho voluto sottolineare che l'episodio è stato spiacevole. Nella vita, non solo nello sport, è fondamentale il rispetto dell'altro, sia esso un rivale, uno straniero, quello che volete».
E a tutti sarebbe piaciuto chiudere qui la questione. Ma a poche ore dai fischi al campo sportivo, ecco che il paese bergamasco deve fare i conti con una aggressione a sfondo razziale, già denunciata ai carabinieri e raccontata da Abdelkebir El Omari, zio della vittima: «Mio nipote era agli autoscontri, un ragazzo italiano gli ha versato apposta della birra addosso e l'ha prima insultato, poi colpito con una bottiglia rotta». Il ragazzino immigrato, poi insultato («negro di m..., mangia banane»), avrebbe risposto con un perentorio «sono contento di esserlo» facendo salire il fumo alla testa del rivale. Ma ora ha paura a farsi vedere in giro, parenti e fratelli fanno da scudo, non vogliono mettere in piazza l'episodio. E quando le vittime hanno paura a parlare, il clima non è bello.


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