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Corriere: «Mai pensato alla polizia nelle scuole»

Berlusconi frena: ho solo detto che non si può imporre la violenza contro altri diritti

24/10/2008
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Corriere della sera

Il Cavaliere a Pechino: titoli lontani dalla realtà.
A questi signori piace manifestare, ma ci sono corsi con un solo studente

DAL NOSTRO INVIATO
PECHINO — Dice quello che ha già detto, che «lo Stato deve garantire alcuni diritti», che fra questi c'è «il diritto allo studio, alle lezioni degli studenti». E non ha riserve nel paragonare l'interruzione del diritto, le occupazioni delle aule universitarie, a un reato, fattispecie che dunque deve essere punita, come «accade nelle manifestazioni che bloccano gli aeroporti, come in qualsiasi caso di servizio che deve essere garantito in democrazia ». Ma è sul modo di garantire il diritto, di difendere la riforma del suo ministro Gelmini, che Berlusconi cambia qualcosa, almeno nel registro di appena 24 ore fa: afferma di non pensare alle forze dell'ordine, smentisce di averle mai citate. Aggiunge: «Non ho mai detto che servisse mandare la polizia nelle scuole, ho letto titoli lontani dalla realtà, ho detto invece che chi vuole è liberissimo di manifestare e protestare ma non può imporre a chi non è della sua idea la rinuncia a un diritto essenziale ».
Berlusconi è arrivato da poche ore nella capitale cinese, ha appena concluso gli incontri con il presidente e il primo ministro della Repubblica popolare, si appresta a partecipare al vertice euroasiatico Asem, incontrare il capo del governo indiano, promuovere l'idea di un G8 allargato che diventi una sorta di «forum permanente di governante dell'economia mondiale ». Eppure, nonostante tutto, buona parte del briefing con i giornalisti è occupato dall'eco delle notizie che arrivano dall'Italia, dalle polemiche che ha suscitato la sua dichiarazione sull'impiego della polizia.
La precisazione del Cavaliere ha una valenza che appare anche semantica, che lascia volutamente spazio all'interpretazione, perché mentre corregge il premier a sua volta conferma una linea dura. Quella di chi protesta occupando le aule «non è democrazia diretta, è una violenza contro altri diritti, come quello all'istruzione, ed è un dovere del governo garantire questi diritti, con tutta la cautela del caso, con tutta la leggerezza se volete, ma avendo ben presente che non può compiere un reato, interrompere un servizio, senza conseguenze ». In una saletta del Ritz Carlton di Pechino, al termine di un incontro con gli imprenditori italiani che lavorano in Cina, Berlusconi incornicia la vicenda in un quadro interamente politico: «È la sinistra a prendere la scuola a pretesto, è la stessa sinistra che anni fa fece una battaglia contro la pluralità degli insegnanti e oggi ne fa una contro il maestro unico. Tutte cose lontane dalla realtà, sulle quali c'è un divorzio totale fra informazione e provvedimenti». Oggi Berlusconi vedrà il premier indiano a colazione, forse farà una passeggiata alla Città Proibita, sarà ospite della fondazione Italia-Cina, probabilmente continuerà a commentare le notizie che arrivano dall'Italia: «C'è a chi piace la musica, a questi signori che vanno in piazza piace manifestare, peccato che ci sono corsi di laurea con un solo studente...».


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