Corriere: Maestro unico solo in prima Gli editori contro la Gelmini
Scontro sul decreto. I sindacati annunciano battaglia
Scuola Il via dal 2009. Polemica sui testi che dureranno cinque anni |
Per il ministro un milione e 300 mila dipendenti è un numero sproporzionato per la nostra scuola ROMA — Al Centro studi per la scuola pubblica di Bologna non ci hanno pensato un attimo: per fondare il comitato contro la restaurazione del maestro unico, ieri gli è bastata la lettura della notizia sul Corriere. E ai sindacati non è bastata la voce tutta la giornata per gridare contro questa riforma del maestro unico che il ministro Mariastella Gelmini ha portato con un decreto legge, senza farne pubblicità. Con le proteste dei sindacati della scuola, gli editori: insieme al maestro unico, infatti, il ministro dell'Istruzione ha stabilito, senza ascoltare nessuno, che le edizioni dei libri non potranno mutare per cinque anni. Un bailamme. E sulle prime il ministro Gelmini tenta rassicurazioni e precisazioni. La prima: «Il maestro unico arriverà il prossimo anno e riguarderà soltanto le prime classi delle elementari». La seconda: «Non si tocca il tempo pieno, non è incompatibile con la figura del maestro unico». Ma poi il ministro va giù dritta. Dice Gelmini: «La scelta dei tre maestri alle elementari non ha avuto nessuna motivazione educazionale e pedagogica. E' stata fatta, invece, perché serviva a far aumentare il numero degli insegnanti. Ma un milione e 300 mila dipendenti è un numero sproporzionato per una scuola che non può avere futuro così dimensionata, visto che spende il 97% dei propri bilanci in stipendi ». Protesta il Pd che con il ministro ombra Maria Pia Garavaglia parla di «colpo di mano».I sindacati esplodono. E se la Uil scuola prende carta e penna e calcola che con questo provvedimento ci saranno almeno 60 mila tagli, alla Cgil ci pensa Enrico Panini a sintetizzare la protesta: «Questa riforma è un calcio nei denti ai bambini. E riuscire a distruggere la quinta scuola per qualità al mondo rappresenta la concreta attuazione di un attacco spietato al diritto dei più piccoli ». Dopo scendono in campo i segretari generali delle confederazioni, pronti a buttare giù un documento unitario, duro e incisivo, mentre dalla Gilda si leva forte la voce: «Non esiste che una riforma così delicata venga attuata per decreto». E questa volta il grido del più grande sindacato di base della scuola si salda con quello dell'Associazione degli editori, l'Aie: «Ma davvero questa riforma andava fatta con un decreto d'urgenza? Non forse con un disegno di legge dove venivano consultate le parti sociali? ». Enrico Greco è il presidente dell'editoria scolastica dell'Aie. E si chiede, ancora: «Davvero il problema più grande della scuola è quello del prezzo dei libri?». Ma il punto più contraddittorio di questa riforma dei libri di testo non è tanto il voler mantenere inalterata per cinque anni l'edizione di un volume. «L'assurdità è che la stessa edizione del libro deve rimanere inalterata per cinque anni anche su Internet», rileva Massimiliano Galioni, direttore generale della Rcs education. E aggiunge: «Dico questo perché il metodo usato per fare questo provvedimento diventa la sostanza del problema: non hanno consultato nessuno ed ecco che hanno messo in piedi questa contraddizione colossale. Come si fa a pretendere di tener ferma per cinque anni qualsiasi cosa su Internet? In rete già un solo anno è un'eternità». L'intento del provvedimento ministeriale è rendere scaricabili i libri da Internet. «E a che pro?», rilancia Greco. E spiega: «Come Aie abbiamo provato a stampare da Internet un libro di 300 pagine a colori: ci è costato 42 euro tra carta, stampa e toner. In libreria quel libro di euro ne costa 15». Al. Ar. |