Corriere: Londra, a scuola l'esame di «britannicità»
Il provvedimento ispirato dal ministro Brown piace a conservatori e sindacati. Ma non mancano le critiche allo «Stato-bambinaia»
Lezioni su storia, valori e abitudini per combattere razzismo e incomprensioni
LONDRA — Evviva la britannicità. E guai a non sapere cosa significa. Si rischia di ripetere l'anno. Con l'era Brown alle porte, il governo di Sua Maestà ha varato quella che per molti editorialisti è la prima misura del dopo-Blair: l'introduzione di lezioni obbligatorie nelle scuole sulla storia, sui valori e sulle abitudini che rappresentano i pilastri del Paese. Un tema, questo, particolarmente caro al Cancelliere dello Scacchiere, scozzese trapiantato a Londra che in segreto a calcio tifa Inghilterra e che vede, nella conoscenza del passato e nella comprensione di un presente comune, la vera colla sociale di una comunità multietnica.
Se Brown parla di britannicità non appena può, era forse solo questione di tempo prima che Alan Johnson, ministro per la Scuola candidato a vice-premier, entrasse nel pieno del dibattito facendo sue le conclusioni di un rapporto sul multiculturalismo commissionato all'indomani delle bombe del sette luglio.
Autore Sir Keith Ajegbo, ex preside ora consigliere del ministero degli Interni secondo il quale tra i giovanissimi c'è una preoccupante tendenza all'emarginazione, non solo di quelle che tradizionalmente vengono considerate minoranze ma anche della cosiddetta popolazione indigena: i bianchi. Un problema non da poco, se Sir Keith ad esempio ha portato il caso di una tredicenne che dopo aver sentito i compagni di classe parlare dei propri Paesi d'origine — Congo, Trinidad, Polonia e Portogallo — ha risposto che lei non arrivava da «nessuna parte».
«Non ha senso cercare di integrare le minoranze senza pensare a cosa provano i bianchi — ha spiegato Ajegbo —. Sono le opinioni di questi ragazzi che in futuro saranno fondamentali nella creazione di una vera coesione sociale». Parole che suonano particolarmente veritiere sulla scia della tempesta politica e non scatenata dai commenti dell'ormai celebre, e bianca, Jade Goody nei confronti di un'altra concorrente del Grande Fratello, la cui unica colpa era essere indiana. «Molti bianchi indigeni hanno una percezione negativa della propria identità — ha sottolineato l'autore del rapporto —. In zone in cui la composizione etnica è mista possono sentirsi vittime di discriminazione». È per loro, così come per i neo-britannici, ovvero i figli dell'ultima ondata di immigrazione, che sono pensate le lezioni di britannicità, il cui obiettivo sarà incoraggiare «un dibattito serio sull'etnia, la religione, la razza e il loro impatto sulla politica e sui valori del Paese».
Il programma di studio è già articolato: esplorerà l'immigrazione dell'ultimo secolo, a partire dai Paesi del Commonwealth negli anni 50 sino ad arrivare all'Est europeo dei nostri giorni, l'eredità dell'impero, la fine della schiavitù, il voto alle donne, le leggi sull'uguaglianza, il concetto di un Paese multinazionale costituito da Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles e rappresentato da una sola bandiera. Una volta l'anno una settimana di dibattiti e iniziative dal titolo: «Chi pensiamo di essere?». Le lezioni saranno parallele al programma di educazione civica reso obbligatorio da Tony Blair nel 2002 — forse allora parlare di britannicità sarebbe sembrato in sé discriminatorio, ora i tempi sono cambiati — e si chiameranno «Identità e diversità: vivere insieme nel Regno Unito». «Trovo giustissimo che nelle scuole venga messo l'accento su valori che in Gran Bretagna consideriamo essenziali: giustizia e tolleranza — ha detto il ministro Johnson —. Vogliamo che il mondo parli di noi per il rispetto e la comprensione che abbiamo di tutte le culture, non per l'ignoranza e il bigottismo che mostra il nostro piccolo schermo». Grande Fratello docet.
I sindacati degli insegnanti si sono espressi a favore dell'iniziativa, ricordando però che l'integrazione non può essere impartita esclusivamente in classe e che il programma annuale è già carico: trovare spazio per ulteriori lezioni non sarà facile.
L'annuncio di Johnson ha raccolto anche il consenso dei conservatori di David Cameron, mentre per alcuni editorialisti si tratta dell'ennesima interferenza dello Stato-bambinaia. «Che a scuola insegnino la storia, il rispetto, l'educazione. Ma la britannicità? — si è chiesto Matthew Parris, del Times — È un insieme indescrivibile di qualità condito da una buona dose di senso dell'umorismo che i politici non dovrebbero permettersi di toccare».