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Corriere-Lisbona, il fallimento non è uguale per tutti

Offshore Lisbona, il fallimento non è uguale per tutti di Ivo Caizzi Tra i fallimenti dell'Unione europea...

11/04/2005
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Corriere della sera

Offshore
Lisbona, il fallimento non è uguale per tutti
di Ivo Caizzi
Tra i fallimenti dell'Unione europea spicca la strategia di Lisbona. Lanciata con clamore nel 2000, in un vertice dei capi di Stato e di governo nella capitale portoghese, doveva rendere l'economia dei Paesi membri la più competitiva del mondo entro il 2010 (superando quella degli Stati Uniti). A metà del cammino non si sono visti i posti di lavoro promessi, né la maggiore competitività fondata sull'innovazione tecnologica e scientifica. La Commissione di Josè Manuel Barroso ha dovuto annullare l'imbarazzante scadenza del 2010 e introdurre una meno ambiziosa verifica su base triennale (a partire dal 2005). Ma il fallimento non va attribuito a tutti i Paesi dell'Ue. Secondo il Centre for European Reform di Londra, che ogni anno stima l'avanzamento della strategia di Lisbona, il governo socialdemocratico svedese ha superato gli obiettivi previsti attestandosi al primo posto nell'Ue, mentre il governo Berlusconi si è guadagnato la "maglia nera" per aver fatto peggio di tutti. Altri studi hanno evidenziato l'efficacia del modello svedese e di quelli simili degli altri Stati scandinavi dell'Ue, la Finlandia e la Danimarca, che battono spesso gli Stati Uniti nelle classifiche della competitività. Emerge così una prova concreta che il rilancio dell'economia europea possa avvenire in presenza di forti tassazioni, quando i fondi sono utilizzati bene, offrendo ai cittadini servizi pubblici efficienti e un ottimale sistema di sicurezza sociale, come avviene in Svezia e negli altri Paesi scandinavi. Si aprono invece seri dubbi sulla linea del governo Berlusconi, basata sulle riduzioni delle tasse, sul mantenimento degli ordini professionali (che frenano lo sviluppo dell'occupazione e la competitività delle imprese) e su servizi pubblici tali da costringere tanti italiani a fornire la carta igienica ai figli prima di mandarli a scuola o ad affidarsi a Dio se devono ricoverarsi in un ospedale. Le Regioni contro gli Ogm
L'Italia sta attuando una politica bipartisan a Bruxelles nella tutela delle coltivazioni tipiche e della salute dei consumatori di prodotti alimentari. Il ministro dell'Agricoltura, Gianni Alemanno di An, e la Regione Toscana, guidata dal centrosinistra, sono alla testa del movimento che sta difendendo il principio del diritto delle regioni europee a dichiararsi "ogm-free" bandendo le coltivazioni di organismi geneticamente modificati dal loro territorio. In questo modo verrebbero evitati anche i rischi di contaminazione delle produzioni biologiche. Una trentina di regioni europee ha aderito all'iniziativa, che è in linea con l'orientamento anti-ogm della maggioranza dei cittadini Ue, ma si scontra con gli interessi dell'industria biotecnologica. Una lobby potente a Bruxelles, che ha pesantemente influenzato la Commissione, insieme ad alcuni settori del Consiglio e dell'Europarlamento.
La "Schola" dell'Ue
Venerdì prossimo, al Consiglio informale dei ministri degli Esteri a Lussemburgo, è annunciata una dimostrazione di protesta di associazioni dei genitori dei circa 20 mila alunni della Schola Europaea, finanziata dalla Commissione e dai governi Ue. Chiedono una riforma di questo organismo d'istruzione, che costa 226 milioni di euro l'anno e ancora attua incredibili discriminazioni nell'accesso (privilegiando gli alunni in base alla nascita e alla ricchezza dei genitori), in pieno contrasto con i principi di eguaglianza della Costituzione italiana e del Trattato Ue. Inoltre cerca di favorire arbitrariamente il trilinguismo (inglese, francese e tedesco) a svantaggio dell'italiano e delle altre lingue meno parlate dell'Ue. La protesta a Lussemburgo riunisce diverse istanze, ma è condivisa anche da molti euroburocrati, che si stanno rendendo conto del rischio di effetti diseducativi per una popolazione scolastica a contatto con principi discriminatori, discutibile uso del denaro pubblico (il costo per alunno è di oltre 10 mila euro annui) e amministrazione poco trasparente. Sotto accusa è la gestione del direttore generale, l'irlandese Michael Ryan, e del Consiglio dei governatori della Schola, che l'Ombudsman Ue ritiene operi addirittura con un "deficit democratico".


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