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Corriere: La scuola italiana? Spesso funziona nonostante se stessa

E' sbagliato andare avanti contando sulla buona volontà dei meno contro l'incuria dei più

05/06/2007
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Corriere della sera

IL SALE SULLA CODA DACIA MARAINI

T utti parlano male della scuola. Tanto da dare l'impressione di uno sfascio totale: bullismo, volgarità, strafottenza, violenze di ogni genere. Ma veramente è così? A me capita spesso di girare per le scuole italiane, dal nord al sud, invitata a parlare di libri, miei e di altri, per invogliare alla lettura, per discutere di idee comuni. Posso dire che le mie impressioni, dopo molti incontri e molto pellegrinare, sono precise: le scuole italiane sono abbandonate a se stesse. Gli edifici cascano spesso a pezzi, le aule sono sporche, le porte non chiudono, i gabinetti sono intasati. E se si chiede conto, ti rispondono che «non ci sono soldi per rimetterli a posto». Ma d'altronde basta calcolare quello che la nostra società spende per gli stipendi degli insegnanti (bassissimi rispetto alla responsabilità che comportano), la desolazione in cui sono lasciati gli edifici, per capire che non si intende investire sul cittadino futuro ma solo tirare a campare. La scuola ha perso in prestigio e carisma. I professori, se non si conquistano personalmente, con fatiche immense, una propria autorevolezza, sono trattati come pezze da piedi. E non credo che si tratti di una questione di governi diversi, ma di una grave perdita di fiducia della scuola in se stessa, di una incapacità di controllo da parte della società intera, probabilmente convinta che l'apprendimento e l'educazione si compiano oggi attraverso lo schermo televisivo e non dentro le aule scolastiche. Lì dove i professori non sono motivati, lì dove la vita quotidiana dell'insegnamento si regge su persone che disistimano il proprio compito considerandolo alla stregua di un impiego qualsiasi, i ragazzi mostrano tutto il loro disprezzo e la loro disaffezione, sia verso gli edifici che vengono sistematicamente imbrattati e danneggiati, sia verso i professori, strapazzati e umiliati.
Quando invece i docenti e i dirigenti scolastici dimostrano spirito di iniziativa, passione e partecipazione, gli studenti rispondono, eccome. Potrei portare cento esempi. Di insegnanti che, sacrificando il proprio tempo, si dedicano alla scuola con un calore che trascina gli studenti, coinvolge le loro fantasie, indirizzandole verso la creatività e lo studio. Quando l'apprendimento non è visto come una routine noiosa ma una conquista e uno scambio di idee, non si trova traccia di bullismo. E perfino gli edifici si mantengono puliti e in ordine. Voglio dare qui due soli esempi, di scuole di provincia, tanto più meritevoli in quanto vivono in un ambiente inquinato dal malaffare e dalla criminalità organizzata. Parlo dell'Istituto comprensivo De Santis di Caposele (Avellino) e della scuola media G. Pascoli di Contursi (Salerno). Ma, ripeto, in Italia sono tante le scuole coraggiose e meritevoli. Andrebbe fatto un censimento.
Nella prima, il direttore scolastico Silvano Granesi,appoggiandosi ad associazioni culturali della città come quella diretta da Antonio Ruglio, riesce a galvanizzare gli insegnanti, dà spazio alla cultura, fa lavorare gli studenti su progetti di ricerca. La risposta è immediata ed entusiasmante. Nella seconda, il dirigente scolastico Italo Cernera ha introdotto fra l'altro un programma battezzato dai bambini «Toc toc», in cui insegnanti di scuole elementari bussano alle porte delle case portando libri che presentano ai genitori, ai nonni, raccontandone la storia, facendo amicizia, progettando altre letture. L'iniziativa ha avuto un grande successo.
Conclusione: la scuola funziona nonostante la scuola, per volontà di molti coraggiosi insegnanti innamorati della propria professione. A costoro è affidato il nostro futuro. Ma si può sempre andare avanti contando sulla buona volontà dei meno contro l'incuria dei più?


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