Corriere: La scuola fa retromarcia, addio al nome giapponese
Roma La preside: troppo clamore, resteremo la Pisacane
ROMA — Talmente convinta della sua scelta, era arrivata a sostenere che Makiguchi, il nome del pedagogo giapponese con cui voleva sostituire Carlo Pisacane per intitolare la sua scuola, «è facilissimo da pronunciare, soprattutto per i bambini che conoscono tanti eroi giapponesi nei cartoni». Ma dopo due giorni, trascorsi sotto una pioggia di polemiche e attacchi incrociati, ieri davanti alla sua scuola si sono fronteggiati anche due opposti «cortei», Nunzia Marciano, preside della scuola più multietnica di Roma col 90% di alunni stranieri, ha dovuto dichiarare la resa: «Si è creata una distorsione mediatica sulle scelte decise democraticamente dagli organi collegiali del nostro istituto. Per questo abbiamo deciso che ci riuniremo e sospenderemo il processo attivato per il cambio di nome ».
L’improvviso dietrofront è giunto dopo un lungo colloquio con la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio Maddalena Novelli: «Nel rispetto degli organi collegiali— ha sottolineato Novelli — la preside mi ha assicurato che lunedì convocherà prima il collegio dei docenti poi il consiglio d’istituto per annullare la decisione ». In mattinata, contro il cambio di nome era sceso in campo anche il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini: «La scuola realizza l’integrazione solo quando insegna a tutti gli studenti la lingua, la storia e la cultura del Paese in cui vivono. Inaccettabile cancellare un simbolo così importante del nostro Risorgimento». A sostenerla, anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno: «Non si capisce perché Pisacane debba essere sostituito da un personaggio, sicuramente insigne, ma che ha molto meno a che fare con la nostra storia e la nostra identità nazionale».
E in serata anche il ministro Meloni si è detta «soddisfatta per la marcia indietro anche se purtroppo devo constatare che non si tratta di un episodio isolato ma è l’ennesima alzata di ingegno di una preside che dovrebbe insegnare a tutti i bambini, senza distinzione, ad amare se stessi, la propria cultura, la propria storia e invece costruisce muri all’integrazione».
Lunedì scorso, quando è scoppiato il «caso Pisacane» con l’eroe risorgimentale mandato a casa per far posto all’educatore nipponico, la dirigente Marciano era in Francia in ferie: «La delibera del consiglio d’istituto risale al 27 aprile, non potevo immaginare tanto clamore ». Il cambio di nome, nelle intenzioni della preside sarebbe incredibilmente dovuto essere lo stratagemma per scappare dalle prime pagine dei giornali, dove puntualmente finisce la scuola per il suo «carico» di piccoli immigrati provenienti da 24 etnie diverse.
«Siamo stati sottoposti a una campagna diffamatoria e volevamo ritrovare l’anonimato — racconta Marciano —, non fa piacere né alle famiglie né a chi insegna essere associati a una scuola dove 'non si impara niente'. Gli stranieri che frequentano la Pisacane, invece, sono tutti alfabetizzati di seconda generazione. Seguiamo programmi italianissimi». L’allontanarsi dai riflettori attraversando un terreno minato si è però rivelato un boomerang e ha costretto la preside a tornare sui suoi passi.
Flavia Fiorentino