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Corriere-La rivolta dei ricercatori "Con 800 euro non si vive"

"Se passa la riforma non resta che cambiar mestiere". Pronti a bloccare le lezioni La rivolta dei ricercatori "C...

28/09/2005
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Corriere della sera

"Se passa la riforma non resta che cambiar mestiere". Pronti a bloccare le lezioni
La rivolta dei ricercatori "Con 800 euro non si vive"
Protesta nelle università. Gli assistenti: ci costringono ad andare all'estero
Ottocento euro al mese, niente macchina, una casa "per fortuna" regalata dai genitori, la ricarica per il cellulare da 50 euro da far durare almeno sei mesi - "basta stare un po' attenti e usare Internet" - pochi lussi e tanto lavoro. Vita da dottorando. "Ma se passa la riforma del sistema universitario non esistono prospettive". Sospira Nicola Casati, 27 anni, laureato nel 2002 con il massimo dei voti in Scienze chimiche e ora aspirante ricercatore. "Se la legge sarà approvata dal Senato - continua - non restano che due strade: cambiare mestiere o andare all'estero. La meta? Gli Stati Uniti o il Nord Europa".
Sono centinaia i giovani dottorandi che, come Nicola Casati, temono la nuova legge di riforma sullo stato giuridico della docenza: addio alla figura del ricercatore ("era la nostra meta: una nomina in ruolo e 1.100 euro mensili") che si trasformerebbe in un incarico triennale rinnovabile una sola volta.
Hanno protestato ieri, per difendere il loro futuro. Appuntamento in via Festa del Perdono, con i docenti di ruolo e gli assegnisti, i professori a contratto, i neolaureati e i colleghi del Politecnico. Tutti nel chiostro centrale della Statale, i cartelloni con le scritte "Fermate il ddl Moratti!" e "Salvate l'Università", e la raccolta di firme. Sul volto, le mascherine da panda "perché noi ricercatori siamo una razza in via di estinzione". C'era anche Claudio Fiocchi, che di anni ne ha 33 e che a fine mese - "ma non ogni mese" - ci arriva grazie a contratti a progetto. "Pensavo - confessa - che prima o poi sarebbe arrivato un assegno da ricercatore, ma ormai questa speranza mi è stata tolta. Otto anni di precariato e un pugno di mosche in mano, ecco quello che mi resta".
Sono preoccupati, disorientati, delusi. Ma anche pronti a combattere, insieme ad altri duemila ricercatori che negli atenei milanesi tengono il 15-20 per cento delle lezioni. Le cose, dicono, stanno così: "Se il Senato approverà lo stesso testo di riforma uscito dalla Camera senza tenere conto degli emendamenti presentati in commissione, bloccheremo le lezioni".
Lo hanno ripetuto al rettore dell'Università degli Studi, Enrico Decleva, chiedendogli un aiuto nella battaglia contro il disegno di legge che sarà approvato tra oggi e domani. Sostegno accordato. Del resto Decleva è sempre stato critico nei confronti della riforma. "Sciagurata", l'ha definita ieri.
"Ma aspettiamo di capire cosa succede - ha risposto il rettore ai manifestanti -: prima di intervenire. Sono convinto che la posizione dei rettori e gli emendamenti presentati non potranno essere del tutto ignorati. Il problema, piuttosto, sarà la copertura finanziaria".

Annachiara Sacchi


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