Corriere: La ricerca «Troppi docenti per pochi studenti, ma non si blocchi il turn over»
La Fondazione Agnelli: 300 mila fuori entro il 2018
Metà dei prof oltre i 50 anni «Tagli inutili, c'è la pensione»
Trent'anni fa erano più giovani. E molti di meno: 732 mila per 10 milioni di alunni, ora un milione per 7,7 milioni di ragazzi
MILANO — Sono aumentati di anno in anno. Anche quando i loro studenti diminuivano. E sono invecchiati, dalla prima alla quinta, ciclo dopo ciclo, primini, diplomati e via da capo. Hanno cinquant'anni, gli insegnanti italiani. Anziani, rispetto ai colleghi europei. E vicini alla pensione: entro il prossimo decennio in trecentomila lasceranno la scuola. Tagli al personale docente? Forse i temuti licenziamenti non sono necessari, forse «l'operazione è relativamente indolore», illustra il «Rapporto 2009 sulla scuola italiana» elaborato dalla Fondazione Giovanni Agnelli. E il motivo è semplice: da qui al 2018, ogni anno andranno in pensione tra i 32 e i 34 mila prof. «Si tratta — spiega Andrea Gavosto, direttore dell'istituto torinese — di un'occasione per riequilibrare il rapporto studenti/insegnanti verso valori più prossimi alla media europea senza creare eccessive tensioni sociali».
La chiave del rinnovamento: l'età dei docenti. Oltre la metà dei professori ha superato i 50 anni. Un trentennio fa erano molto più giovani. E molti di meno: se nel '78 si contavano 732 mila insegnanti per quasi 10 milioni di alunni, nel 2007-8 si è superato il milione per 7,7 milioni di iscritti. Una crescita esponenziale. Nonostante il calo demografico dei ragazzi. Il minimo storico risale al Duemila, con sette milioni di studenti e una valanga di maestri.
Anomalie italiane: numeri ipertrofici, esubero di precari (sono 240 mila) e un rapporto studenti/insegnanti che oscilla intorno a 11 al netto dei posti di sostegno, uno tra i più bassi dell'area Ocse (dove la media è 14). Come se non bastasse, le ore di insegnamento calcolate per ogni docente sono il 10 per cento in meno rispetto alla media europea. Come lo stipendio.
E ora? «Ora la scuola sta vivendo una stagione di rinnovamento », dice Stefano Molina, dirigente di ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli. Un «cambiamento strutturale ». Che si traduce in 300 mila pensionamenti nel prossimo decennio. Un'opportunità per migliorare il sistema. «Ma anche un rischio, se giocata male». Perché certo, è fondata l'esigenza di abbassare il rapporto allievi/docenti. Ma, aggiunge Andrea Gavosto, «ancora più grave sarebbe l'interruzione dell'accesso alla professione per quei giovani laureati che vogliono salire in cattedra».
Sì ai pensionamenti, purché non si tocchino le forze fresche. È questo, in sostanza, il messaggio della Fondazione torinese. «In un momento di rapida evoluzione dei saperi e delle tecnologie — continua Gavosto — il corpo docente deve essere equilibrato anche dal punto di vista dell'età. "Saltare" una generazione non può che avere conseguenze dannose sulla qualità dell'istruzione».
Migliorare il sistema scolastico con progetti a lungo termine, ecco l'obiettivo della Fondazione. «E allora — conclude il direttore — nel momento in cui gli insegnanti diminuiscono, la nuova partita da giocare è quella del reclutamento ». La ricetta: abbandonare le graduatorie in vista di una maggiore flessibilità e meritocrazia. «E un albo professionale che tenga conto dei requisiti del singolo docente ».
Annachiara Sacchi