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Corriere: La matematica fa di nuovo sognare

Università I dati confermano la fine del declino. Le cause: tecniche didattiche più moderne, maggiori informazioni sulle possibilità di lavoro Odifreddi: «Le facoltà scientifiche rispondono a una domanda di verità». E aprono al mercato estero

27/08/2009
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Corriere della sera

di PAOLO FOSCHINI

Le citazioni da cui far partire un discorso sull’aritmetica sarebbero ovviamente infi­nite come i numeri, ma di­ciamo che Galileo riassume il concet­to per tutti: «La filosofia contenuta nel grandissimo libro dell’Universo è scritta in lingua matematica, senza i cui mezzi è impossibile intenderne umanamente parola».

Ora, è certamente verosimile pen­sare che il formidabile aumento de­gli iscritti a Matematica registrato presso le università italiane negli ulti­mi anni (più 70 per cento dal 2004 a oggi) sia dovuto a molto più di un singolo fattore. Magari c’entrano gli incentivi che il ministero ha varato sin dal 2006 per la promozione delle facoltà scientifiche, Fisica e Chimica comprese: ci mancherebbe. E può darsi pure che tutto quanto è «scien­tifico », forse, oggi ispiri a un giovane più prospettive di lavoro rispetto a ciò che invece è «umanistico»: chis­sà. E infine una laurea scientifica, probabilmente, viene sempre più vi­sta da un certo numero di studenti come il passaporto migliore per scap­pare all’estero il giorno in cui pro­prio non ne potranno più di star qui. Ma fermatevi un attimo. Aggiungete a tutte queste riflessioni un pensiero su quanti libri di argomento matema­tico, in questi anni, hanno scalato e scalano le classifiche. E ancora: ricor­date il successo di un film come A be­autiful mind , sulla vita del premio Nobel John Nash? E avete presente una serie poliziesca come Numb3rs, addirittura vincitrice del «National Science Board’s Public Service Award»?

Ecco, forse adesso si può ritornare ai numeri universitari di cui sopra e chiedersi se dietro questa sete di scienza e soprattutto di matematica, ancor più evidente se accostata al ca­lo- record delle matricole italiane nel loro insieme (312 mila in tutto, mai così poche da sette anni), non ci sia anche qualcosa d’altro. La risposta di Piergiorgio Odifreddi, che matemati­co lo è per mestiere e alla matemati­ca dedica da tre anni un intero Festi­val (60 mila studenti presenti all’ulti­ma edizione in marzo), è molto net­ta: «La matematica oggi attrae per­ché risponde a una domanda di veri­tà. Perché nel Medioevo la chiave di interpretazione del mondo era la teo­logia, e oggi la teologia non risponde più a quelle domande». La matemati­ca sì? «Ripeto anch’io Galileo: la ma­tematica è la lingua dell’Universo. Ci offre punti fermi per capire. E l’uo­mo ne ha bisogno, di punti fermi. Og­gi più che mai».

Intendiamoci: proprio matemati­ca, non semplicemente scienza o tec­nologia. E, del resto, il fatto che «di­mostrazione matematica» e «prova scientifica» non fossero sinonimi era ben spiegato proprio in uno dei bestseller aritmetici di quest’era, L’ul­timo teorema di Fermat (Bur) con cui Simon Singh ha trasformato una formula in un caso letterario: le di­mostrazioni matematiche — diceva il protagonista — si reggono su un procedimento logico e restano vere fino alla fine dei tempi, mentre la prova scientifica si fonda su osserva­zione e percezione, entrambe fallibi­li, pertanto fonti di verità provvisorie e comunque approssimate.

Se il punto è davvero questo, la do­manda o anche solo la curiosità di ve­rità matematiche è aritmeticamente provata dalle vendite. Il mago dei nu­meri

di Hans Magnus Enzensberger (Einaudi), nato come libro per bam­bini, è divenuto un cult da 100 mila copie, lette più che altro dai loro ge­nitori; l’astrofisico israeliano Livio Mario, dopo il volumetto dedicato a L’equazione impossibile (Rizzoli) nel 2006, ha quindi trovato nel 2008 mi­gliaia di ammiratori della «sua» Se­zione aurea (in realtà di Pitagora pri­ma e di Fibonacci poi), edita dalla Bur, sino ad affermare con l’ultimo ti­tolo appena tradotto in Italia che Dio è un matematico (Rizzoli) . E d’altron­de Umberto Eco, che è arrivato a con­sigliare come «libro da spiaggia»

L’enigma dei numeri primi ( Bur) scritto nel 2004 dal matematico ame­ricano Marcus du Satoy, in qualche modo aveva concordato in anticipo: «Trovare la regola per prevedere la successione dei numeri primi — af­fermò nella sua recensione — sareb­be l’unico modo per provare non di­co l’esistenza ma almeno la possibili­tà di Dio». Odifreddi, da sempre, è ancora più categorico: «Se la mate­matica e la scienza prendessero il po­sto della religione il mondo divente­rebbe un luogo più sensato». Insiste: «È la matematica la vera religione, il resto è superstizione». Borges forse lo avrebbe espresso in modo più ele­gante: «La teologia è un ramo della letteratura fantastica».

Detto questo, non è che la mate­matica non abbia i suoi problemi. «L’insegnamento della matematica — dice Odifreddi — andrebbe com­pletamente ristrutturato a partire dal­le elementari: se malgrado tutto ci so­no tante persone che hanno una tale avversione per i numeri, qualche mo­tivo ci sarà. Non a caso nel nostro Fe­stival abbiamo sempre inserito una componente notevole di giochi e cu­riosità destinate specificamente ai bambini». Giulio Giorello, docente di Filosofia della scienza e prima filo­sofo che matematico, lo segue a ruo­ta in toni persino più ruvidi: «Se alle persone normali non interessa la scienza — dice citando John Stuart Mill — eliminiamo le persone nor­mali e promuoviamo solo le espe­rienze di vita eccezionali». Fa una pausa e riprende: «Scherzi a parte, è chiaro che bisogna iniziare dai bam­bini. E il processo che non passa tan­to dalla scuola quanto dai libri, dai giornali e anche dai fumetti». Il che riporta al punto di partenza: fossero solo le cifre dell’università sarebbe un discorso, ma il contesto testimo­nia qualcosa di più. «La divulgazione scientifica — dice Giorello — quan­do è fatta bene è un atto politico».

Fine dell’umanesimo allora? E co­me rispondere a chi per anni ha ripetuto che proprio le civiltà ipertecnologiche han­no grande bisogno di umanisti, perché «la scienza spiega i come ma solo la filosofia cer­ca i perché ? ». Odifred­di in realtà non vede la contrapposi­zione: «La cultura è una, non è fatta a compartimenti stagni. E forse, al li­mite, sono tradizionalmente alcuni umanisti a considerare la scienza co­me semplice accessorio. In genere è l’umanesimo che tende a monopoliz­zare il dibattito, matematici e scien­ziati sono spesso più aperti».

Perché in fondo, ricorda in conclu­sione, la matematica è davvero «par­te » di tutto: un quadro è fatto di pro­porzioni e prospettiva, i tempi della musica sono definiti in frazioni, il «penso dunque sono» di Cartesio fu partorito dalla mente di un matema­tico. Così come matematico era Leib­niz, il filosofo secondo cui «amare è mettere la nostra felicità nella felicità di un altro»: come si fa a sostenere, se è così, che la matematica è una ma­teria arida?


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