Corriere: La burocrazia scolastica uccide i buoni maestri
Ci sono giovani che hanno grandi capacità, straordinari talenti. Ma sono pure potenzialità che, per manifestarsi, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a riconoscerli, a coltivarli, a metterli a frutto
Ci sono giovani che hanno grandi capacità, straordinari talenti. Ma sono pure potenzialità che, per manifestarsi, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a riconoscerli, a coltivarli, a metterli a frutto. Ho conosciuto giovani che avevano l'intelligenza e l'autodisciplina sufficienti per riuscire in qualsiasi scuola. Sarebbe bastato che i genitori potessero mandarli in un buon liceo, e poi nella facoltà che volevano. Ne ho conosciuti invece altri che, in quella terribile età che va dai quattordici ai venti anni, erano troppo ribelli, irrequieti, non volevano studiare. Occorreva qualcuno che offrisse loro un lavoro adatto, li inserisse in un gruppo. La nostra vita dipende, come fosse sospesa a un filo, dalle occasioni che ci sono offerte e dalle persone che incontriamo: un insegnante, un amico, colui di cui ci siamo innamorati. Basta un nulla e può prendere una direzione o quella opposta. Per questo occorre fornire a tutti la possibilità di studiare, ma poi ai più dotati bisogna dare qualcosa di più, un ambiente, una comunità, una scuola.
Ma non pensiamo alla scuola burocratica, alla università dei crediti e dei test. L'educazione vera parte sempre da un maestro, sia esso un filosofo, uno scienziato, un musicista, un grande artigiano, che raccoglie attorno a sé dei giovani che ardono dal desiderio di imparare, di fare. Li seleziona, li stimola, li guida. Pensiamo alle scuole di Platone e di Aristotele, alle prime università europee, alla bottega del Verrocchio, all'istituto di Enrico Fermi. Il cuore dell'insegnamento è sempre una relazione diretta fra allievo e maestro, ed è sempre anche una comunità in cui gli allievi vivono, studiano, lavorano, ricercano, creano insieme ai maestri. Un luogo dove si combinano la libertà e il metodo, la fantasia e la disciplina, l'innovazione e l'autorità. E i giovani, quando si offre loro questa opportunità, reagiscono entusiasticamente perché è quello che tendono spontaneamente a fare: stare insieme, scambiarsi le esperienze, conoscere, creare qualcosa.
Ma come è difficile realizzare questo tipo di scuola! Perché cozza contro il coacervo di regole burocratiche costruite per gestire la mediocrità, contro la pigrizia amministrativa, contro l'ignoranza dei politici preoccupati solo dei risultati immediati. Così il tipo di educazione più vera, più importante, resta ancor oggi affidata quasi solo all'iniziativa dei singoli, alla loro fede, al loro coraggio, alla loro testardaggine.
www.corriere.it/alberoni di FRANCESCO ALBERONI