Corriere: L'idea dei presidi: esami a settembre
Fioroni chiede più corsi di recupero, il sistema dei debiti è in crisi
MILANO — Lo aveva detto già a fine maggio, in tempo per la chiusura delle scuole: «Chi fa sconti sulla preparazione dei ragazzi non li aiuta a costruirsi un futuro degno». Oggi, a istituti (quasi) deserti, il ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni torna su un tema che a quanto pare gli sta molto a cuore: l'eterna questione dei debiti formativi. Il dicastero di viale Trastevere ha infatti deciso di destinare 30 milioni di euro ai corsi di recupero, vale a dire le attività che le scuole devono offrire agli studenti cui sono state addebitate lacune nella preparazione.
Che il sistema non funzionasse, in realtà, lo si era capito da tempo: dopo l'addio ai vecchi esami di riparazione, decretato nel 1995 dall'allora ministro Francesco D'Onofrio, il sistema si è come avvitato su se stesso, con i ragazzi che, in assenza di verifiche, si portano dietro un anno dopo l'altro «debiti» mai sanati, e le scuole che, in assenza di soldi (e, a volte, di volontà), abdicano alla famosa «attività integrata » di recupero, da svolgere durante l'anno scolastico. A maggio di quest'anno, quindi, ecco il primo giro di vite. Finita l'era dei condoni, inizia quella del rigore. Da entrambi i lati della cattedra. Perché se il decreto ministeriale numero 42, firmato il 22 maggio, ha di fatto sbarrato la via d'accesso alla maturità a chi non abbia recuperato tutte le insufficienze in pagella (ma la riforma entrerà a regime solo nel 2008-09), la mossa di ieri chiama in causa, dopo gli studenti, anche le scuole. Il succo del discorso, riassumono da viale Trastevere, è che «non esiste solo l'obbligo per i ragazzi di riparare i debiti, ma anche quello per gli istituti di metterli in grado di farlo». Se poi anche questo sistema non dovesse funzionare, si vedrà.
E quanto alle soluzioni futuribili, c'è una voce che gira tra gli addetti ai lavori: il ministro starebbe pensando a un ritorno in grande stile degli esami a settembre. «In effetti sì, in un recente incontro cui eravamo presenti noi e le organizzazioni sindacali, Fioroni ha anticipato questa possibilità », ammette Giorgio Rembado, presidente dell'Anp, l'associazione dei dirigenti scolastici. Un'ipotesi non confermata dal ministero, ma vista con favore dai presidi: «Riteniamo si possa reintrodurre l'esame di riparazione come verifica del superamento delle lacune da parte degli studenti, a patto che la scuola continui a garantire la possibilità di un recupero al suo interno, senza tornare al "lezionificio". L'esame potrebbe diventare un momento di verifica che ciò sia avvenuto, cosa che negli ultimi anni è saltata completamente». Del sistema attuale, «poco efficace e farraginoso », Rembado salva comunque «la responsabilità delle scuole, che hanno assunto su di sé anche il compito di favorire il recupero del debito ». Più scettica, invece, l'Unione degli studenti: «Serve un sistema in cui la scuola ha l'obbligo di istituire i corsi di recupero, che sono un diritto degli studenti — spiega il coordinatore nazionale Roberto Iovino —, e poi una verifica "spalmata" su più prove, che miri al recupero e non all'esclusione. Trenta milioni di euro su 13mila istituti sono una cifra irrisoria; quanto agli esami a settembre, se i corsi non si riescono ad organizzare neanche a scuole aperte, come si può pensare di farli ad agosto?».
Gabriela Jacomella