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Corriere-L'anno di scuola da non perdere

Riforma Moratti: due cose buone, una meno L'ANNO DI SCUOLA DA NON PERDERE di ANGELO PANEBIANCO L'agitazione in corso in molte scuole d'Italia sembra avere di mira, al momento, più il solit...

02/12/2001
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Corriere della sera

Riforma Moratti: due cose buone, una meno

L'ANNO DI SCUOLA DA NON PERDERE

di ANGELO PANEBIANCO

L'agitazione in corso in molte scuole d'Italia sembra avere di mira, al momento, più il solito problema del finanziamento dell'istruzione privata che la proposta di riforma dei cicli scolastici, solo da pochi giorni resa pubblica dal ministro Letizia Moratti. Ma quest'ultima questione è più importante della prima per il futuro del nostro sistema educativo. Con la sintesi che qui è necessaria direi che la riforma proposta dalla Moratti sia ispirata a tre idee di fondo, una buona, una ottima, e una cattiva. Le prime due idee, la buona e la ottima, sono anche quelle che rendono il progetto Moratti radicalmente diverso dal precedente (la riforma dei cicli proposta da Luigi Berlinguer, varata dal centrosinistra, e poi bloccata dal centrodestra). L'idea buona consiste nell'eliminazione dell'aspetto peggiore del progetto del centrosinistra, ossia l'accorpamento fra scuole elementari e medie inferiori, con la catastrofica mescolanza, e la confusione, che ne sarebbero necessariamente derivate, fra l'insegnamento riservato ai bambini e quello per gli adolescenti. I bambini di oggi non lo sanno ma l'hanno scampata proprio bella. L'idea ottima riguarda l'introduzione, al termine delle medie inferiori, del secondo percorso, quello dell'istruzione/formazione professionale. Se davvero la Moratti riuscirà a dare vita al secondo percorso (che esiste in quasi tutta Europa), avrà posto le premesse per una vera rivoluzione del nostro sistema educativo. Molti dei suoi mali attuali, infatti, dipendono dal fatto che, dopo la scuola dell'obbligo, esiste in Italia un solo canale di istruzione, quello scolastico (medio superiore) e poi universitario. E tutte le esigenze educative vengono scaricate lì. Se il canale scolastico tradizionale verrà affiancato da un vero canale professionale, tanto cambierà, per il meglio, nel nostro sistema di istruzione, e tante chances educative in più verranno date ai giovani italiani.
È facile prevedere che, su questo punto, la sinistra scatenerà una polemica violentissima. La principale ragione per cui in Italia quel secondo canale non è mai stato creato, infatti, è da attribuire all'odio ideologico dei sindacati della scuola e della sinistra politica per l'istruzione professionale. Diranno, come hanno sempre detto, che si vuole fare la scuola dei poveri, di serie B, contrapposta alla scuola dei ricchi, di serie A, e spingeranno tanti studenti a ripetere a pappagallo questo slogan. Il fatto che solo in Italia simili stoltezze possano essere impunemente sostenute, il fatto che nel resto d'Europa non abbiano mai avuto corso, testimoniano, effettivamente, del carattere tuttora "anomalo" di tanta parte della cultura civica e politica italiana. Questo per dire che, come tutte le rivoluzioni, anche la creazione del canale professionale dovrà vincere formidabili resistenze politiche, e avere ragione di radicati pregiudizi ideologici.
C'è, nel progetto Moratti, anche un'idea cattiva, che il ministro ha ereditato dai suoi predecessori di centrosinistra, l'idea che si debba per forza ridurre di un anno l'iter scolastico complessivo.
Per "adeguarsi all'Europa", come dicono i provinciali, ossia per fare in modo che i ragazzi si diplomino a diciotto anni anziché a diciannove (come se il vero problema fosse l'età anziché la preparazione). Per ridurre l'iter scolastico il progetto Moratti è costretto a tagliar via, con un colpo di forbice, un anno di scuola superiore, a ridurre il liceo da cinque a quattro anni. Dopo averla data vinta al centrosinistra sulla "laurea breve", il governo sembra voler fare il bis sul "diploma breve".
Togliere un anno al liceo significa "destabilizzarlo" totalmente, obbligare a cambiare la sua organizzazione da cima a fondo. E ciò implica distruggere tradizioni, imporre trasformazioni radicali anche nei licei più efficienti. È un rischio che non vale assolutamente la pena di correre. Ed è anche, mi sembra, il principale (grave) difetto di quello che appare, per il resto, un buon progetto di riforma.


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