Corriere-Indagine Cgil sull'abbandono scolastico
Indagine Cgil sull'abbandono scolastico "Sono 400 mila i baby-lavoratori Al Sud per aiutare la famiglia al Nord per comprare il cellulare" In situazioni di redditi bassi e istruzione el...
Indagine Cgil sull'abbandono scolastico
"Sono 400 mila i baby-lavoratori Al Sud per aiutare la famiglia al Nord per comprare il cellulare"
In situazioni di redditi bassi e istruzione elementare, solo un figlio su due prosegue gli studi
ROMA - Al Nord per comprarsi il telefonino ultimo modello, al Sud per aiutare la famiglia. Sono spesso diverse le motivazioni alla base dell'abbandono scolastico e del lavoro minorile (fino a 14 anni d'età) o giovanile (poco sopra). Lavoro illegale quello dei ragazzi con meno di 15 anni, ma che tuttavia riguarda fra 360 mila e 400 mila soggetti, secondo l'Ires, il centro ricerche della Cgil. A quattro anni dalla prima indagine sul lavoro minorile nel nostro Paese, il sindacato rilancia il tema con uno studio che conferma quei dati (anzi "riteniamo che il fenomeno sia in aumento", dice il leader della Cgil, Guglielmo Epifani) e li integra con tre indagini sul campo condotte a Milano, Roma e Napoli per capire come questa piaga sociale si articola sul territorio. Questo aspetto, sottolinea il presidente dell'Ires, Agostino Megale, "ci interessa di più rispetto alla guerra di cifre con l'Istat", secondo la quale il lavoro minorile interesserebbe 144 mila adolescenti. Questo dato, dice l'Ires, "sottostima il fenomeno e non tiene conto dei minori stranieri presenti in Italia, circa 330 mila, 100 mila dei quali non frequentano la scuola". Ma ciò che ai ricercatori preme sottolineare sono le correlazioni tra il lavoro minorile e le condizioni di reddito e di istruzione. Risulta così che dove il capofamiglia non ha un titolo di studio e il reddito non supera i 13 mila euro all'anno solo il 45% dei figli prosegue gli studi oltre la scuola dell'obbligo. Questa percentuale sale al 99,1% quando c'è la laurea e un reddito di almeno 27 mila euro. Sarebbe però sbagliato concludere che tutto il lavoro minorile deriva da condizioni di disagio. C'è anche una zona di confine, tra lavoro minorile e lavoro precoce che, secondo l'indagine Ires, si osserva soprattutto al Nord, come testimonia la ricerca su Milano, che è legata alla voglia di lavorare il prima possibile e realizzare modelli di consumo a lungo inseguiti (il telefonino multimediale, la moto, i vestiti e le scarpe di marca). Un fenomeno, dice l'Ires, che trova riscontro anche in un dato che rappresenta il "rischio abbandono" delle scuole superiori: il 28% degli studenti di Milano e provincia risulta infatti in ritardo negli studi rispetto a una media italiana del 24%.
"In molti casi - scrivono i ricercatori - è la famiglia stessa a non considerare come primario il valore della scuola" mentre "il lavoro precoce è stato introiettato come esperienza vantaggiosa". È il caso di Massimo, 15 anni, "una grande forza fisica e la capacità di riparare qualunque guasto tecnico". Lavora "quando ha voglia e lo fa per se stesso, perché la famiglia non ha bisogno". Oppure il caso di Ugo, che lavora da quando aveva 14 anni in un'impresa che produce plastica. "La sua passione assoluta è l'automobile, che è sempre lucidissima". Per combattere il lavoro minorile la Cgil propone la creazione di un Fondo nazionale finanziato con il 2% dell'Iva sui beni di lusso.